giovedì 12 novembre 2009

GOD BLESS AMERICA


POST EDITATO

ATTENZIONE: QUESTO POST CONTIENE SPOILER SU CARAVAN n. 6, AMERICA, AMERICA

America, America
doveva intitolarsi God Bless America (“Dio benedica l’America”); God Bless America è l’incipit dell'omonima canzone di Irving Berlin, così famosa da essere diventata una specie di inno nazionale "parallelo" a quello ufficiale, The Star Spangled Banner. Il titolo di questo albo (scartato all’ultimo momento per motivi che non dovete chiedere a me) aveva una doppia valenza nel rapporto con la storia. Perché sicuramente per Massimo Donati una frase del genere era da intendersi alla lettera, e per suo fratello Carlo suonava ironica.

America, America è il titolo originale di un bellissimo film di Elia Kazan, diventato in italiano Il ribelle dell’Anatolia: racconta la storia del giovane Stavros, che lascia la Turchia in subbuglio per le rivendicazioni delle minoranze greche e armene e si imbarca per raggiungere gli Stati Uniti. Kazan vi riversò molte esperienze direttamente o indirettamente autobiografiche.

Anche il sesto albo di Caravan contiene alcuni spunti autobiografici (certamente meno drammatici di quelli di Kazan). In teoria era facile da scrivere, nella pratica si è rivelato l’albo più complicato, dal momento che contiene scene ambientate in quattro decenni diversi.

Il grosso della storia si svolge a cavallo tra due anni, il 1984 e il 1985. Venticinque anni fa. Vi faccio qualche domanda a bruciapelo, e ditemi in tutta onestà se avreste saputo rispondere senza avere letto l’albo.

1) La Telecom era già Telecom o era ancora SIP?

2) Le cabine telefoniche funzionavano ancora con gettoni e monete, oppure c’erano già le schede magnetiche?

3) C’erano già i treni Intercity?

4) Quanto costava un caffè?

5) Quali erano i dischi in cima alla top ten?

È sorprendente constatare quanto poco ricordiamo del nostro passato prossimo. O forse no, pensando a com’è cambiata rapidamente la nostra vita, e in pochi anni.

Parlando di altri decenni: la scena che va da pagina 35 a pagina 38 è reale, anche se ho cambiato il luogo e i protagonisti. Nella realtà i due bambini erano due bambine (mia madre e mia zia), e la stazione ferroviaria era quella di Cagliari. Ma verosimilmente scene del genere, nel dopoguerra, capitavano un po’ dovunque. Come a volte succede nelle mie storie, Antonio Serra fa un ruolo cameo nella parte del soldato Greenhouse (“serra”), quello che legge i fumetti.

A proposito di fumetti, nell’albo compaiono due grandi protagonisti degli anni ottanta: Lupo Alberto e Zanardi. Ma scommetto che questi li avevate notati. Se non avete almeno la mia età, invece, vi sarà sfuggita la presenza di un grande protagonista degli anni sessanta: Ercolino Sempre in Piedi, il pupazzo gonfiabile che la Galbani dava in omaggio con i punti dei formaggini. Tra l’altro, lo avevo già citato su Dylan Dog, sia pure sotto mentite spoglie, quelle del cinesino Chu Hueng Gum (la storia era Il feroce Takurr, dedicata al fenomeno del collezionismo).

Le citazioni musicali sono evidenti, quindi non c’è bisogno di parlarne. Forse vale la pena di ricordare che i Clash non sono finiti casualmente sulla maglietta del terrorista Bertrand. Il primo giugno 1980, suonando in Piazza Maggiore a Bologna, il leader del gruppo Joe Strummer indossò una T–shirt con la stella a cinque punte e la scritta Brigade (sic) Rosse. L’episodio ha assunto contorni quasi leggendari, ma Strummer quella maglietta l’aveva eccome. Si vede anche qui (in un concerto londinese del 1978) al minuto 2:34. In seguito Strummer, scomparso nel 2002, definì quell’episodio come uno dei suoi numerosi “atti di guerra adolescenziali”.

Infine vorrei parlare di un’altra “citazione” di America, America, quella del terrorismo.

Anche qui, forse, la memoria ci gioca qualche scherzetto. Soprattutto se in quegli anni eravamo ragazzini, ricordiamo che “gli anni di piombo” erano gli anni settanta. Ma in realtà per quasi tutto il decennio degli anni ottanta il terrorismo continuò a uccidere. Basta solo ricordare come comincia il decennio dei “paninari” e dell’ “edonismo reaganiano”: nel 1980 – oltre a un gran numero di poliziotti e carabinieri – sono uccisi il magistrato Vittorio Bachelet, il generale Enrico Galvaligi, il giornalista Walter Tobagi. È anche l’anno della strage di Bologna: 85 morti. Negli anni seguenti è ucciso il dirigente della Montedison Giuseppe Taliercio, il vicequestore di Napoli Antonio Ammaturo, il docente universitario Ezio Tarantelli. Nel 1986 il terrorismo colpisce anche a Firenze, quando le Brigate Rosse uccidono Lando Conti, che era stato sindaco della città fino all’anno precedente.

E proprio ricordandomi dell’omicidio di Conti mi è venuta l’idea di invischiare Massimo e suo fratello in una storia di terrorismo.

A differenza del Cantoni di Caravan, Lando Conti, esponente del Partito Repubblicano e membro della massoneria, non ebbe direttamente a che fare con le basi militari americane in Toscana. È però vero che entrò nel mirino delle Brigate Rosse per le sue posizioni “filoatlantiche e sioniste” (secondo i terroristi, ovviamente). Inoltre Conti possedeva una piccola quota della SMA, un’azienda che produceva materiali anche per usi militari. Tanto bastava per bollarlo come nemico del popolo.

Un pomeriggio si stava recando in auto, da solo, a una seduta del consiglio comunale (non più sindaco, era comunque consigliere), quando una Uno rossa lo affiancò. Dal finestrino, un killer gli sparò tredici colpi con la stessa micidiale Skorpion che aveva ucciso a Roma Ezio Tarantelli e il senatore DC Roberto Ruffilli. Era il 10 febbraio 1986. L’inchiesta su quel delitto è stata archiviata nel febbraio di quest’anno, lasciando ancora aperti parecchi interrogativi sulla composizione del commando che uccise Conti.

Per chiudere, qua sotto c'è quella che per me è la versione più struggente di God Bless America mai sentita. E per lasciarci su una nota più amena, permettetemi di mandare un saluto affettuoso a Cristiana, Viviana e Francesca. Ancora grazie dell’ospitalità e dei caffè. Nonostante tutto, erano bei tempi.

22 commenti:

Pasquale ha detto...

Caro Michele bellissima storia... e bellissimi anche i disegni. Considero veramente molto toccanti e attuali le tematiche affrontate.
Riguardo alla "scena" dei due bambini alla stazione sono rimasto veramente colpito, come racconterà poi lo zio di Massimo "anche se avevamo la pancia vuota non avevamo perso la nostra dignità..."
Mi ha ricordato i racconti del mio caro nonno scomparso...
Ma volendomi soffermare sulle tematiche più leggere, da studente universitario (che comunque lavora), mi hai fatto sentire in colpa per tutte le volte che ho fatto colazione al bar e ho comprato il giornale in edicola...
Scherzi a parte complimenti davvero!

and ha detto...

Ciao, appena letto il numero 6 e tante domande, riflessioni, ricordi si mischiano nella mia testa dopo la lettura. Fai conto che io sono del 1979, quindi nel 85-86. avevo 6, 7 anni ma in tanti dicono che quelli del mio anno sono quelli che per alcune cose somigliano ancora a quelli della generazione precedente: assenza di computer, cellulari, poche macchine (la mia prima macchina è stata una vecchia Uno grigia), il Mago G della Galbusera. Sono rimasto colpito da questa fuga in Italia, perchè è molto difficile trovare ambientazioni italiane, pur se devo dirti che la parte "terroristica" è un po' debole nella struttura, mi sembra esagerata, troppe cose, troppe casualità, troppo insomma, forse anche un po' troppo "macchiettistico". Forse avresti dovuto lasciare tutto come sottofondo, un po' più onirico.
Mi è piaciuta invece la descrizione di una famiglia "antiamericana", io ho avuto un nonno che ha combattuto con Tito e il resto dei miei parenti perseguitati dai fascisti e dai nazisti...molto di sinistra...che vivevano gli Stati Uniti come un nuovo invasore. Molto spartani nella vita. Ma ho avuto genitori che stavano a metà, che hanno preso il meglio dalle due culture...pensa che mio padre amava Jimi Hendrix e Jefferson Airplane, mia madre Joan Baez ma anche Sinatra.

Ma quello che ammiro principalmente in Caravan è questo groviglio di passato e presente, di storie a largo respiro che si mescolano alla quotidianità, alle piccole cose, alle liti, agli sguardi felici, all'amore che nasce. Bello davvero.

Infine voglio ringraziarti per il costume dell'indiano: ho vissuto la stessa cosa. Ma ancora adesso lo indosserei.

benzedrina ha detto...

il caffè 400 lire? mmmh.

Michele Medda ha detto...

http://cronologia.leonardo.it/storia/a1985.htm

Pegli ha detto...

Io invece non ho per nulla apprezzato questa storia.
Davvero troppo stereotipati, quasi caricaturali, un pò tutti i protagonisti "di sinistra". Quelli che rompono i co***oni al prossimo occupando le strade anzichè pensare a tette e culi, quelli che sembrano fuori da ogni logica nel criticare la Meravigliosa America, quelli che anzichè divertirsi si fanno due pippe così discutendo di politica (sembrando macchiette uscite dalle vignette di Forattini), tanto che mi sarei aspettato che andassero al cinema e spuntasse il "mitico" DIBATTITO.... quelli che erano vicino alle ali più estreme (vedi magliette di Clash, Frigidaire), e "quindi" ignobili assassini.

Naturalmente potrai rispondere che è solo una storia, e che descrivere questi personaggi non vuol dire generalizzare o giudicare un'intera generazione... ma non ne sono convinto: una storia come questa, intimista, introspettiva, slegata dalla "famigerata" continuity (tutte cose di per sè non negative), ha senso proprio nel presentare uno spaccato del periodo che si va a descrivere.

E mi immagino che idea potrà farsi un giovane lettore di quel contesto storico dopo aver letto questo numero.

Tu hai il sacrosanto diritto di avere le tue opinioni e di trasporle in una tua opera, ci mancherebbe: ma io in quegli anni ero attivo e impegnato (senza mai aver ammazzato nemmeno una mosca, e non sarebbe nemmeno il caso di precisarlo!), e personalmente mi sono sentito davvero toccato e infastidito, tanto da scorrere le ultime pagine quasi con stizza (cosa che mi capita davvero di rado).

E' per questo che il mio giudizio, questa volta, è davvero negativo: soprattutto per un motivo personale, prima ancora che oggettivo sulla qualità di una storia che proprio non sono riuscito a digerire.

Spero che almeno apprezzerai la sincerità!
:-)

Ciao e buon lavoro.

Michele Medda ha detto...

Pegli, mi dispiace di averti infastidito. Avevo comunque messo in conto pareri negativi. In ogni modo And (Andrea) che ha commentato qua sopra viene da una famiglia di sinistra e non si è sentito infastidito, come vedi.

Luigi Donati è visto con ironia, sicuramente, ma non mi sembra affatto macchiettistico. Il discorso di suo fratello Pietro è serio e motivato.

Quanto a Carlo, è "raccontato" da suo fratello (con cui non era proprio in buoni rapporti), quindi la visione che abbiamo di Carlo non è oggettiva, è quella che ha Massimo: un bamboccio esaltato e presuntuoso, convinto di avere la patente di Sincero Democratico. Ma...

... ma Caravan è una serie in continuity. Di più non posso dire.

Peace & love

Pegli ha detto...

Grazie per la risposta... in effetti ammetto di non aver pensato al fatto che gli avvenimenti -possano essere stati "filtrati" dal punto di vista di Massimo.

Per ora rimango comunque della mia idea (ossia che questa storia, nel complesso, offre uno spunto di riflessione che non condivido affatto sulle tematiche che affronta), ma non posso non riconoscere che le tue parole mi hanno fatto almeno tornare la voglia di continuare a seguire la serie.
Sig. Bonelli, ringrazi il blog di Medda!!
:-D

Luigi Spagnolo ha detto...

Io sono nato nel 1983, e confesso che per ignoranza sono andato a vedere se effettivamente un presidente Cantoni fosse stato ammazzato a Firenze...

Confesso anche di avere dei "mixed feelings" nei confronti di questo albo, che ho trovato comunque al sito ben scritto, anche nelle piccole cose, ed emozionante.
Credo che, fatta eccezione per qualche estremista, l'anti-americanismo riguardasse (e riguardi tutt'ora) più i governi (che hanno molto da farsi perdonare, ad esempio il sostegno ai vari regimi golpisti, in sud America e in Grecia) e certi aspetti dell'american way of life, che non il popolo e la cultura americano in generale. Cultura che ha espresso miti anche per la sinistra italiana "antiamericana": cinematografici, letterari, musicali.
Capisco che tutto viene raccontato in soggettiva da Massimo, ma mi sarebbe piaciuto che questo aspetto fosse emerso nella storia.

Detto questo, ce ne vorrebbero di più di fumetti a raccontare il nostro recente passato e il nostro presente.

Michele Medda ha detto...

Beh, Luigi l'antiamericanismo, come molti razzismi, l'ho constatato anche in persone insospettabili, e non solo nei confronti dei (discutibili) presidenti americani.

Come quel giovane disegnatore che dopo l'11 settembre si presentò alla classe a cui insegnava con una T-shirt che recava scritto: "Io NON mi sento americano". Me lo raccontò a cena tutto orgoglioso, nei giorni in cui ancora si piangevano le vittime delle Torri Gemelle.

Su Cantoni, non sei stato il solo a controllare. Ma ti ricordo - non è certo un mistero - che non possiamo parlare di fatti di cronaca. Ed è il motivo per cui, come forse hai notato, in realtà non si dice mai che Bertrand appartiene alle B.R. o a qualsiasi altra organizzazione terroristica.

Quanto al fatto che certi miti americani valgano anche a sinistra, non c'è alcun dubbio. Pensa che uno dei più grandi esegeti di Clint Eastwood in Italia è Mariuccia Ciotta, condirettore del "Manifesto"!

luttazzi4ever ha detto...

La storia è bella, coinvolgente innanzitutto. E soprattutto, da buon sinistroide, non mi sono sentito offeso da nulla. Anzi.

Siamo al numero 6. Metà viaggio. Spero in una seconda parte bella quanto la prima. Finora nessuna delusione. Non è la prima volta che succede ma spero continui così.

Il finale darà un voto complessivo all'intera storia. Che, per ora, è ottimo.

Michele ha detto...

Anche io sono rimasto infastidito dall'ultimo episodio di Caravan, per una serie di ragioni.

Però di una cosa devo darti atto: sei riuscito a incarnare pienamente lo spirito degli anni '80 e di tanti della tua generazione. La superficialità di quegli anni e di molti che li hanno vissuti c'è tutta nel racconto di questo mese.

Superficialità soprattutto nel raccontare la Storia. Perché, anche se con una semplice frase, è la Storia che raccontano alcuni personaggi.

Ed è superficiale, oltre che falso,
quello che dice Massimo: gli americani non erano malvisti perché noi eravamo i vinti e loro, oltre che i liberatori, i vincitori.

Erano malvisti perché avevano distrutto il sogno e le aspirazioni di chi aveva lottato contro il fascismo e il nazismo.

Erano malvisti perché, soprattutto grazie a loro, chi fra gli italiani aveva combattuto per la libertà era stato estromesso dall'esercito e dalle forze dell'ordine, perseguitato ed esiliato (do you know Scelba?), molto spesso dalle stesse persone che lo avevano già fatto durante il fascismo e che, nonostante la Resistenza, continuavano a ricoprire lo stesso ruolo che avevano ricoperto durante il regime.

Erano malvisti perché, molto probabilmente, dietro la strage di piazza fontana c'erano loro (e anche dietro molte altre stragi).

E tu, nel descrivere Carlo e Bertrand, dimentichi che dietro le scelte di molti come loro (scelte che io, ovviamente, ma col senno di poi, condanno) c'erano proprio quelle stragi e una repressione disumana che voleva spezzare i sogni di una generazione che aveva osato immaginare che si potesse assaltare il cielo e cambiare il mondo.

Metti in contrapposizione l'Italia con gli Stati Uniti. E allora ti chiedo: quale America dovrebbe benedire Dio?

Quella che nel 1981 metteva in carcere e condannava a morte Mumia Abu Jamal solo perché rappresentava una voce scomoda per il potere?

O quella che, sempre negli anni '80, voleva istallare a Comiso missili nucleari e, per farlo, non esitò ad allearsi nuovamente con la mafia (lo aveva già fatto nei '40 per "liberare" l'Italia) la quale uccise lo scomodo Pio La Torre, cioè chi a quei missili e alla mafia si opponeva?

Perchè erano le armi nucleari a Comiso, e non l'allargamento di una qualche base, quello contro cui si protestava negli anni '80.
E si potrebbe continuare...

E' questo che mi ha infastidito dell'ultimo Caravan, una visione superficiale, quasi falsa della Storia. Una banalizzazione delle ragioni di una parte e l'esaltazione, anche se celata, dell'altra.

Mi ha infastidito perchè crea opinione, influisce sui ragazzi che la leggeranno. Spero che almeno li faccia uscire dalla pigrizia e li incuriosisca. Almeno a qualcosa sarà servita se andranno davvero a leggersi la Storia di quegli anni.

Io intanto sono sempre più felice di essere stato solo un bambino negli '80, mi sono evitato "il calduccio di quegli anni di merda"...

Michele Medda ha detto...

Non starò a confutare quello che dici, Michele, visto che hai idee così invidiabilmente chiare su anni e fatti che non hai vissuto.

Replico solo su una cosa: in Caravan non c'è nessuna "esaltazione", né palese né celata. Proprio nessuna. Tranne l'esaltazione di due ragazzi per un concerto.

Anche a te come a Pegli, ribadisco: Caravan è una serie in continuity. Aspetta di leggere il numero 8, "Il gioco della guerra".

ivanhawk ha detto...

Mi allontano dai "massimi sistemi" dell'antiamericanismo per una segnalazione rapida: "God bless America" non è l'inno nazionale degli Stati Uniti- che è "The Star Spangled Banner", anche se, per la fama che ha ottenuto, è considerato una specie di inno "non ufficiale".
È anche la canzone che ha fatto scrivere a Woody Guthrie "This Land is Your Land"...

Michele Medda ha detto...

Accidenti... hai ragione, mi sono confuso, e vado a correggere il post. Per la cronaca, l'incipit di The Star Spangled Banner è :"Oh, say, can you see, by the dawn's early light,
What so proudly we hail'd at the twilight's last gleaming?"

Michele Medda ha detto...

Approfitto dell'occasione per dire che mi ripugna scrivere "post editato", che sembra una citazione in latino sgrammaticato, ma non mi viene in mente niente di meglio...

Pasquale ha detto...

Sarò laconico: il miglior numero di Caravan e (forse) una delle cose più belle che ho letto negli ultimi tempi insieme al dylandogone in edicola (di cui ho molto apprezzato per motivi diametralmente opposti la storia di celoni)... mi piace il modo in cui "spii" il mondo e lo interpreti.. mi piace la tua "asetticità"... e soprattutto mi piace il tuo modo ironico e quasi beffardo di raccontare la quotidianità... ti ringrazio a nome di tutti gli studenti universitari per aver raccontato il nostro "micromondo"! :-D

massic80 ha detto...

Non credo che ci si possa sentire infastiditi da una storia come il numero 6 di Caravan. A parte che comunque, oggettivamente, è il punto di vista di un protagonista, non viene detto che "tutti gli italiani sono così" o robe del genere, ma si parla, di fatto, solo di attivisti che, è innegabile, lo facevano. Comunque sia, anche se uno si infastidisse "dal punto di vista antiamericano" per questo numero, quelli della fazione opposta dovrebbero infastidirsi per l'oppressione dell'esercito americano in tutti gli altri albi. Io negli anni '80 pensavo alle Majorette (quelle a quattro ruote, non a due gambe), quindi non posso commentare, ma di certo non è quella storia che può ricondizionare il mio pensiero del passato: piuttosto potrebbe darmi uno spunto per pensarci su e approfondire ;-)
Parlando di altre cose, in effetti mi sono domandato sia dell'Intercity che del telefono rosso a schede... DAVVERO c'erano nel 1985?!?!?!? :-O
E poi, c'è altro di "Meddico" nella storia? Sappiamo della mamma e della zia... ma non ho capito che la Cristiana, la Viviana e la Francesca fossero ragazze che l'hanno ospitato a Firenze, o se ci siano altre cose autobiografiche, eventualmente riadattate ;-)
Concludo, per non tediarvi: se volete dare una mano a migliorare la voce di Caravan su Wikipedia siete i benvenuti! Anche (e soprattutto) te, Michele (Medda) ;-)

raffaele ha detto...

Scusate l'OT, ma volevo salutare massic80: non sapevo fossi anche tu un lettore di fumetti!
Ciao da Raffaele (UDT ti dice nulla? ;P)

P.S.: adesso corri ad iscriverti al forum di Caravan! (trovi gli indirizzi sul lato destro di questo bellissimo blog)

Fabrizio Tripoti ha detto...

PRIMO INTERVENTO (29-11-09)
Vorrei intervenire segnalando come posso essere rimasto insolitamente "colpito" dall' episodio "America. America". In un primo momento ho accolto con piacere il feeling generazionale che si stava stabilendo fra padre/figlio, nonno/padre, fratello/fratello e lo inquadravo in un processo educativo senza barriere e pregiudizi. Il discorso sull'anticonformismo, sui nativi d'America, sul "Boss", sul terrorismo. Ma poi tutto mi è parso improvvisamente... strano se non ambiguo. Cosa che nei precedenti episodi non era mai avvenuto, anzi...! Come se si volesse far ricadere la colpa del terrorismo sull'educazione alternativa e rispettosa dei valori umani, evidentemente impostata a sinistra, data dal padre al figlio. Come se il giusto analizzare e criticare l'America fosse la causa delle scelte sbagliate e sanguinarie operate da alcuni. Boh?! Spero di aver interpretato male. Ho già visto che sono arrivati degli interventi in merito e spero ne arrivino di altri.
INTERVENTO SUCCESSIVO (30-11-09):
Non so... Sono andato a rileggermi "America America" e quel senso di disagio che mi aveva catturato soltanto a metà dell'avventura, devo essere sincero, mi ha adesso pervaso per tutto l' episodio. Forse perchè sapevo cosa andavo a rileggere e perchè andavo a rileggerlo.
C'è una certa... trasversalità forse non volutamente ambigua ma che alla fine può diventare... ambigua. Volti eccitati, giornali identificativi, un'atmosfera da "La meglio gioventù" però con i "negativi e i successivamente negativi" identificabili in una "appartenenza ideologica".
Sì, il terrorista non è il fratello. Il fratello si... pente. Ma tutto il resto che lo circonda è spesso... malevolemente univoco.
I positivi degli anni '80: gli americani e i loro collaboratori.
Non so...
Non vogliatemene. Ma c'è quel qualcosa che non mi affabula come normalmente l' "idologia Bonelli" (senza prendere mai definite posizioni se non contro i razzismi e le altre malattie del secolo) mi ha sempre insegnato "affascinandomi con avventura, fantasia e ... presa di coscienza".
Sempre vostro con stima
Fabrizio Tripoti

Michele Medda ha detto...

Fabrizio, non ho niente da replicare alle sensazioni dei lettori, che essendo tali sono soggettive.
Per quanto riguarda la storia, invece, ripeto per la terza volta che Caravan è una serie in continuity. Questo significa che il discorso sull'America è ripreso da altre angolazioni negli albi successivi.

Max ha detto...

Salve, io sono un lettore e appassiomato di fumetti, sprattutto casa Bonelli , e sto apprezzando molto Caravan.
Ho appena scritto un piccolo post su uno dei miei blog esprimendo la mia opinione a proposito di alcune critiche sullo sviluppo della storia lette da qualche parte, e oggetto di discussione anche tra amici e appassionati come me.
Magari fatemi sapere cosa ne pensate.
Ciao , e da parte mia complimenti ! ^_^

http://dreamax65.blogspot.com/2009/12/caravan-bonelli-quella-carovana-che.html

Michele Medda ha detto...

Grazie, Max. Quanto al fatto che qualche lettore non capisca "dove si va a parare", questo non mi preoccupa. Mi preoccuperei se non lo sapessi io ;-)