mercoledì 28 aprile 2010

OOPS, DIMENTICAVO... HOWARD FAST


Ogni tanto, quando mi ricapita sotto gli occhi un albo di Caravan, mi viene in mente qualcosa – uno spunto, un’idea, un riferimento – di cui mi sarebbe piaciuto parlare su questo blog. E che, negli inevitabili intervalli fra un aggiornamento e l’altro, è scivolato via dalla memoria.

Per esempio, nel post sul numero 11 (Rivelazione) mi ero dimenticato di segnalare qual è il racconto di cui Clyde parla a pagina 20 e 21. E' La mano di Howard Fast, letto dal sottoscritto in gioventù su un’antologia di Urania.

Diverse preziose informazioni sul racconto e sull'autore ce la dà Vincenzo Oliva nel suo blog Allontaniamoci da Omelas (caldamente raccomandato non solo agli appassionati di fantascienza, ma anche di letteratura in generale).

Di mio aggiungo che Howard Fast, scomparso nel 2003, è poco noto in Italia, ma è stato uno scrittore e sceneggiatore prolifico e di successo. Si è cimentato in diversi generi, dal romanzo storico al giallo, dalle biografie alla fantascienza. Con lo pseudonimo di E. V. Cunningham ha firmato i romanzi polizieschi che hanno come protagonista il sergente Masao Masuto, poliziotto a Beverly Hills. Diversi film sono stati tratti dai libri di Fast. Il più noto è sicuramente Spartacus diretto da Stanley Kubrick, ma merita una citazione anche Mirage (diretto da Edward Dmytryk e interpretato da Gregory Peck). Come sceneggiatore, Fast ha firmato il film tv 21 ore a Monaco e, secondo diverse fonti, ha scritto vari episodi del celeberrimo Alla conquista del West, telefilm–culto degli anni settanta.

Suo figlio Jonathan Fast, anche lui scrittore, è stato sposato con Erica Jong, nota per il best–seller Paura di volare e assurta al rango di icona femminista negli anni settanta. La figlia dei due, Molly Jong–Fast, è anche lei scrittrice.

mercoledì 21 aprile 2010

SONGS FOR THE ROAD

Quando cominciai a scrivere Caravan mi venne l’idea di introdurre ogni episodio con un verso di una canzone, possibilmente una canzone che avesse come tema la strada o il viaggio. Raccolsi due o tre citazioni, poi lasciai perdere. Nella storia ci sono già diverse citazioni musicali, e non volevo rischiare di appesantire il tutto.

Comunque, nell’ideale colonna sonora di Caravan non potrebbe mancare Springsteen. Se c’è un americano che ha cantato la strada in tutte le sue sfumature è lui, fin dalle prime canzoni. C’è l’imbarazzo della scelta, ma forse le mie preferite sono quelle di Nebraska. Adoro State Trooper, cupa, notturna, e Highway Patrolman, un vero capolavoro.

Decisamente più surreali le canzoni di viaggio di Bob Dylan. Tutti conoscono Highway 61, album seminale della Storia (con la S maiuscola) del rock. Meno noto il blues On the road again (da non confondere con l’omonima canzone dei Canned Heat, rifatta in chiave pop dai Rockets). Anche questa canzone propone una sfilata di personaggi bizzarri, ma qui il tono è di goliardica esuberanza: dal protagonista con le “rane dentro i calzini”, al padre della ragazza che “porta una maschera da Napoleone” fino al “lattaio con la bombetta”.

Desire, uno degli album dylaniani più famosi (per i profani: è quello con Hurricane), contiene due bellissime canzoni “di viaggio”: c’è Romance in Durango, crepuscolare avventura western, famosissima da noi nella versione di Fabrizio De André. E poi c’è One more cup of coffee, che sembra quasi la prosecuzione – molto più matura e suggestiva – della stessa situazione descritta in On the road again. Qui il padre dell’amata non porta una maschera, ma è una figura inquietante: “è un fuorilegge, un vagabondo di mestiere, e ti insegnerà a scegliere e lanciare il coltello”. In ogni caso, tutto quello che ci serve è “ancora una tazza di caffè per andare in fondo alla valle”. Confesso sottovoce che - ehm! - a me piace la versione col sax in uno degli album più detestati dai fans, Live at Budokan. Ma anche la versione aspra proposta dai White Stripes ha un suo fascino. (A proposito degli Stripes, non c'entra col tema del viaggio, ma "ci azzecca" con Caravan: hanno rifatto anche Jolene di Dolly Parton in una straziante versione elettrica quasi "doorsiana". Un po' come ascoltare la dolcissima Diamonds & Rust di Joan Baez nella trascinante versione metallica dei Judas Priest).

Il nome di Tom Waits è legato ad atmosfere notturne e metropolitane, ma anche il buon Tom ha un paio di canzoni "di viaggio" notevoli. Una è Going Out West (da Bone Machine, 1992): "Il mio funzionario della libertà vigilata sarà orgoglioso di me, ho una Oldsmobile dell'88 e un diavolo al guinzaglio". E, andando più indietro, quella che più che una canzone "di viaggio" è una canzone "di partenza" stralunata e surreale: I'll be gone, da Frank's Wild Years: "Berrò l'equivalente di cento naufragi/ stanotte ruberò la tua paga/ dipingerò le lenzuola sul letto/ tutti gli uccelli voleranno via dalla mia testa/ e al mattino me ne sarò andato".

E poi i musicisti cantano anche i loro viaggi “di lavoro”. Quelli delle tournée. Li ha cantati Jackson Browne in The Road (anche questa famosa da noi nella versione di Ron, Una città per cantare). E Paul Simon, almeno due volte: prima in coppia con Garfunkel nella famosa Homeward Bound: “In un tour fatto di serate singole, la giacca e la chitarra in mano, e ogni fermata è programmata per un poeta–one man band”. E anni dopo, da solo, nell’album (e omonimo film) One trick pony canterà di tristi camere di motel e di spiccioli consumati in interurbane, nelle cabine telefoniche dei bar e delle roadhouse.

Mi sono chiesto anche se ci fosse in italiano l'equivalente di certe canzoni. Qualcosa c'è, in effetti. Scavando nel mesozoico o giù di lì ci sarebbe un classico come Ciao amore ciao di Tenco ("la solita strada/ bianca come il sale"...), ma anche Statale 17 di un giovanissimo Guccini. ("Tutta una tirata da Piumazzo a Sant'Anna Pelago", scherza Guccini presentando il pezzo). L'amarissima Scappo di casa di Ivan Graziani. Decisamente più sentimentale Viaggi e miraggi di Francesco De Gregori.

Non manca la sezione "autobiografica" dei musicisti: c'è Sulla strada (perfetto equivalente nostrano di The Road) di Eugenio Finardi (che ha scritto anche Diesel). C'è Bomba o non bomba di un ironico Venditti.

Quanto al grande Fabrizio De André, come al solito fu caustico e controcorrente. L'unico per cui la strada diventò cattiva.

martedì 20 aprile 2010

I SUONI DEL SILENZIO



Esattamente un anno fa, con il post I semi di un’idea, aprivo questo blog. La lavorazione di Caravan era nel pieno del suo corso, con gli ultimi albi ancora da terminare, e l’ultima sceneggiatura completamente da scrivere.

La settimana scorsa, con la revisione del numero 12 e dell’ultima rubrica Sulla strada, la lavorazione di Caravan è terminata. Non c’è una prossima copertina da preparare, né un prossimo riassunto, non ci sono vignette da scegliere per l'anteprima sul sito Bonelli. È finita.

I frutti di quell’idea sono stati raccolti.

È la conclusione di un lungo cammino cominciato esattamente quattro anni fa, con la presentazione del concept della serie.

E dopo l’uscita dell’ultimo episodio, come preannunciato, questo blog chiuderà.

Il mio sito personale non sarà più aggiornato, se non con gli annunci delle uscite dei miei lavori.

In questo ultimo anno sono stato presente in Rete con assiduità. Ho presenziato a diverse fiere. Ho tenuto incontri col pubblico. Ho rilasciato almeno una decina di interviste, praticamente tutte quelle che non avevo rilasciato in vent’anni di attività.

Posso serenamente fermarmi qui.

Che significa la macchina da scrivere qua sotto? Un piccolo pro memoria: un ricordo di quando gli strumenti del fumetto facevano – giustamente – rumore. Più rumore di quel chiacchiericcio di fondo che oggi li sovrasta.

A partire da maggio si torna a lavorare. Come un funambolo del circo, non dentro l’arena, ma sopra. Concentrato, in silenzio. E senza Rete.

mercoledì 14 aprile 2010

"OH-OH-INTERNET, DANNATA INTERNET..."

Commentando il post "ipse dixit 3" si parlava di scrittori e internet. Ecco qualche considerazione interessante nel blog di Sandrone Dazieri. Non che io frema dalla voglia di avere un profilo su Facebook, ma se anche mi balenasse l'idea nell'anticamera del cervello, trovo sempre più motivi per tenerla fuori dalla porta.

Oh-oh-internet, dannata internet
Col motore di ricerca puoi arrivare dappertutto
Anche dove non volevi
W-w-w-w-w dannato www
Se sapevo prima che facevi questi danni
Non nascevo proprio adesso

Elio e Le Storie Tese, Gargaroz

martedì 13 aprile 2010

IPSE DIXIT 4

Lascio che (le mie figlie, ndt) leggano tutto quello che a loro interessa leggere. Se l’argomento è proprio al di là della loro comprensione, si annoiano e smettono. Nell’eventualità che si imbattano in qualcosa che le sconcerta o le turba (e tra parentesi, è più facile che succeda con un quotidiano che con un albo a fumetti) allora faccio del mio meglio per spiegare l’origine del loro disagio o del loro stupore, con tutta l’onestà e la chiarezza di cui sono capace. (…)

La questione della responsabilità individuale è cruciale in questa situazione. Se un genitore non vuole che suo figlio non legga una certa pubblicazione o veda un certo film, allora dovrebbe semplicemente proibirlo, e affrontare le conseguenze che un veto provocherebbe. È un atto di codardia da parte del genitore aspettarsi che autori o editori stabiliscano le sue regole in fatto di morale.

Alan Moore, editoriale sul Comics Buyer Guide, 1987

sabato 10 aprile 2010

CASH FROM CHAOS

Filthy lucre, ain't nothing new
But we all get cash from the chaos

The time is right to do it now
The greatest rock'n'roll swindle
The time is right to do it now

Sporco lucro, non c'è niente di nuovo,
ma tutti quanti facciamo soldi dal caos.

E' il momento giusto per farla, adesso,
la più grande truffa del rock'n'roll,
è il momento giusto per farla, adesso!

Sex Pistols, The great rock'n'roll swindle




Due giorni fa è morto Malcolm McLaren, noto come "l'uomo che inventò i Sex Pistols". Volevo scrivere un pezzo sul fenomeno Pistols, ma mi ha preceduto Alessandro Vicenzi, nel suo blog.

venerdì 9 aprile 2010

LUOGHI COMUNI

“Un grande autore deve essere prima di tutto umile.”

“Per fare questo mestiere è indispensabile la passione.”

“Bisogna sempre mostrare rispetto per il pubblico.”

“In ogni critica, anche la più aspra, può annidarsi una piccola verità.”

“Un genio non è tale se non vi si abbina la sregolatezza.”

“Io, quando scrivo, mi diverto.”

“Il mio rapporto col pubblico è uno scambio di emozioni.”

“Adoro lavorare con i giovani, i giovani vanno sempre incoraggiati.”

“Una critica non ha senso se non è costruttiva.”

“Ti ringrazio per la tua bellissima lettera, sono i lettori come te che danno un senso al mio mestiere.”

lunedì 5 aprile 2010

IPSE DIXIT 3

Gli scrittori sul palco di un festival, almeno per il pubblico in sala, sono perfettamente intercambiabili. Te ne stai là sopra e sai cosa si aspetta la gente da te: ha avuto la generosità di venire a sentire le tue pallose elucubrazioni, talvolta ha persino dovuto pagare il biglietto e ora vuole che tu gli serva qualche proclama imbelle. Pretende accorate predicazioni o generiche denunce. Vogliono che tu gli dica che il solo fatto di leggere qualche libro faccia di te e di loro persone migliori di tutte le altre. Vogliono sentirsi parte di un’élite intellettualmente e moralmente superiore.

Alessandro Piperno, Solitudine, elogio dell'artista nella torre d'avorio

giovedì 1 aprile 2010

QUANDO I LETTORI FANNO "OOH!"

Agli albori di internet seguii per qualche tempo un newsgroup sulla letteratura poliziesca. Finché un giorno non ebbi un’idea infelice: entusiasta di un romanzo che avevo appena letto, scrissi un intervento in cui riassumevo in due righe la trama e lo consigliavo a tutti.

Fui subito ammonito, e in maniera piuttosto brusca, di evitare gli spoiler in futuro. Quali spoiler? –dissi – Non ho rivelato nulla che possa guastare la lettura, ho riportato più o meno le tre righe che sono nel risvolto di copertina.

Mi fu risposto, in tono brusco, che c’è anche qualcuno che preferisce non leggere nemmeno quelle tre righe perché “ama essere sorpreso”. Certo. E allora perché questo qualcuno, quando va al cinema, non si infila nella prima sala che gli capita? Così eviterebbe di spoilerarsi il titolo del film che va a vedere, no?

Chiusi immediatamente col quel newsgroup (e poco dopo, diventato saggio, con qualsiasi newsgroup).

Capisco che non si rivela il finale di un thriller. Ma quando è troppo è troppo. Mi è capitato di andare sul sito di qualche serie tivù americana per capire se avevo perso qualche episodio. Fatica sprecata. Mi sono arreso. Gli americani sono così terrorizzati dagli spoiler che il riassunto di ogni episodio diventa una cosa di questo tipo: “Mentre Jill parla con Ross, Brian incontra una persona. Poco dopo, Henry ha una sorpresa. Nel frattempo, all’ospedale, le cose non sono quello che sembrano, e Susan riceve una telefonata…” È una specie di slalom per evitare qualcosa che potrebbe, forse, in linea teorica, in percentuale uno su un milione, spifferare un dettaglio irrilevante a uno spettatore che invece lo reputa fondamentale, perché “ama essere sorpreso”. Il risultato porta a riassunti deliranti come quello qua sopra.

C’è una pericolosa (e sciocca) filosofia di fondo in tutto questo: la subordinazione di qualsiasi valore narrativo alla “sorpresa”. Come se un film, un libro, un fumetto fossero validi solo se gli spettatori o i lettori fanno “ooh”.

Ma farci fare “ooh” non è l’obiettivo della narrativa. Quello è l’obiettivo dei giochi di prestigio.

Ecco perché posso tranquillamente preannunciarvi che Caravan si concluderà con la fine del mondo, provocata dall’impatto di un asteroide contro la Terra. D’altronde, io lo avevo detto che non era possibile un seguito.

Adesso fate pure “ooh”, e leggetevi rilassati gli ultimi due albi.