domenica 21 marzo 2010

INCOMPIUTE


Ho pochissime storie “nel cassetto”. Non essendo uno scrittore prolifico, quando comincio una storia faccio di tutto per concluderla, e nel più breve tempo possibile. Ma non sempre tutto fila liscio: ci sono idee che sembrano funzionare quando ci pensi su, e una volta messe sulla carta ti portano in un vicolo cieco.

Molti anni fa cominciai una storia di Nathan Never che si intitolava Floyd the droid. Parlava di un comico televisivo “alla John Belushi” diventato celebre per avere creato la macchietta del droide Floyd. Il comico era perseguitato da un nemico misterioso che minacciava di ucciderlo, e incaricava Nathan di proteggerlo. Alla fine si sarebbe scoperto che il nemico misterioso altri non era che lo stesso comico. Mollai dopo avere abbozzato una ventina di tavole. Lo spunto era lo stesso di un film oggi dimenticato, Chi è Harry Kellerman e perché parla male di me?, e non riuscivo a inserire quell'idea in un contesto futuribile. In parole povere, non riuscivo a trovare la variante che giustificasse l’esistenza della storia.

Un'altra volta tentai una storia con un incipit ispirato a L'invasione degli ultracorpi. Una donna si presenta all'Agenzia Alfa e dice: “Sono convinta che mio marito non sia mio marito”. Dopo una lunga indagine, Nathan avrebbe scoperto che la caduta della stazione orbitante di Urania sulla Terra aveva provocato una “smagliatura” tra universi paralleli. E perciò l'incolpevole marito si era trovato catapultato nel nostro universo. Mollai perché la storia si stava sviluppando come una normale storia di detection piuttosto statica, e non c'era verso di movimentarla fino alla rivelazione finale.

Di un'altra sceneggiatura scrissi solo nove tavole, un classico incipit d'azione con un innocente in fuga. Sapendo che la storia andava a un disegnatore debuttante, dovevo scrivere una storia molto lineare ambientata tutta nella metropoli. Ma il disegnatore fece un lavoro talmente disastroso che gli fu imposto lo stop e fu messo alla porta. Si ripresentò in casa editrice un paio d’anni dopo. Oggi collabora con noi ed è molto apprezzato dai lettori. Ma quella sceneggiatura non è stata continuata.

Un'altra volta – sempre per Nathan Never - tentai una sceneggiatura basata su un’idea complessa e articolata, che può essere riassunta così: Alien nel deserto. Mollai dopo una ventina di tavole.

Un’altra storia rimase incompiuta per quasi dieci anni. Cominciai a scriverla nei primi anni novanta, consegnai una ventina di tavole e poi dovetti interromperla. Non poteva essere pubblicata prima di un’altra storia, incautamente affidata a un disegnatore lentissimo che impiegò anni a terminarla. Quando ripresi in mano la sceneggiatura avevo due piccoli problemi: a) dopo anni, avevo solo un ricordo vago di quello che volevo scrivere, e b) quello che era disegnato era disegnato, e non poteva essere cambiato. Quella storia è poi stata pubblicata nei numeri 173 e 174 di Nathan Never.

Le mie “incompiute” non sono tutte qui: ci sono altre idee, progetti arrivati a un buon grado di definizione, ma abortiti per le ragioni più diverse: una graphic novel ambientata nell'antica Grecia (il disegnatore mollò dopo avere disegnato una dozzina di tavole), una storia umoristica che riprendeva uno spunto di Legs (Quelle brave ragazze), un soggetto fantascientifico vagamente ispirato al Deserto dei Tartari.

E poi ci sono i soggetti rifiutati per Dylan Dog, naturalmente. Ma questi non ve li dico. Dopo tanti anni, posso sempre provare a riproporli con un titolo diverso, e in redazione leggono questo blog...

PS: a proposito di incompiute, una incompiuta straordinaria, che fortunatamente ha visto la luce, è questa.

10 commenti:

Luigi Spagnolo ha detto...

La graphic novel ambientata nell'antica Grecia mi intriga parecchio... Spero di poterla leggere un giorno

Marco D ha detto...

Almeno un paio di spunti descritti sono belli, spero che prima o poi tu li riprenda.
Mentre leggevo il post, mi veniva in mente che esiste un fascino anche dei frammenti, delle incompiutezze.
Ho pensato all'ultimo romanzo di Chandler "Poodle springs" e al fatto che Robert B. Parker l'abbia poi completato. Parker è (era sigh) bravissimo, ma rileggendo i primi 4 capitoli originali di Chandler, ho sempre l'impressione che non sarebbe stato male se la storia di Marlowe fosse finita lì tra tante cose non dette e tutte da immaginare...

Michele Medda ha detto...

Marco, sulle mie personali "incompiute", penso che sia meglio che restino tali. A dire il vero, ci sono anche un paio di storie pubblicate che avrei preferito lasciare nel famoso cassetto. Ma è il prezzo da pagare quando si scrive per mestiere.

Per i progetti è un altro discorso, ma c'è il fatto che quando passa troppo tempo ti allontani psicologicamente dalle storie. Anche se ne avessi la possibilità, oggi non continuerei "Digitus Dei".

Poi, sicuramente esiste un fascino delle incompiute. "Astarte" di Pazienza è affascinante, per esempio. La costanza non era proprio la dote principale di Pazienza, e il fatto che questa storia sia rimasta incompiuta ci permette di sognare che capolavoro sarebbe stata...

Stefano ha detto...

L'incompiuto che mi fece incazzare fu A.I. di Kubrick, ultimato da Spielberg. Capisco l'affetto, ma se un regista, anche geniale come Kubrick, passa 12 anni prima di fare un film e poi me ne lascia incompiuti due (dato che pare mancasse qualcosa anche ad Eyes Wide Shut), allora ha davvero passato almeno un lustro a guardarsi l'ombelico.

Completamente OT:
Non c'è qualcosa di bello nel fatto che la stessa immagine possa essere usata efficacemente come copertina sia per un disco di Schubert e per uno dei Pogues?

Michele Medda ha detto...

Credo che Kubrick, a un certo punto, fosse prigioniero del suo mito, peggio dei Beatles. Perciò la questione a un certo punto non era più fare un film, ma "fare un film di Stanley Kubrick". E più o meno la stessa cosa deve essere capitata a Sergio Leone. Quanti anni sono passati tra "Giù la testa" e "C'era un volta in America"? E quanti ne sarebbero passati tra "C'era una volta in America" e il famoso film su Stalingrado?

Quando sei un genio, a volte è difficile accettare che alla fine sei un essere umano come tutti, puoi sbagliare un film e la storia del mondo non cambierà. Chi l'ha accettato - come Spielberg - ha continuato a fare buoni film. E c'è anche chi, come Scorsese, ha continuato a fare film e basta.

Stefano, dato che non fai il nome del quadro lo faccio io, diamo qualche pillola di storia dell'Arte (con la A maiuscola). L'immagine di copertina utilizzata per il disco di Schubert e quello dei Pogues è una rielaborazione del quadro "La zattera della Medusa" (Le radeau de la Meduse), di Theodore Gericault, pittore ottocentesco, uno dei più grandi esponenti del Romanticismo. Il quadro (esposto al Louvre) rappresenta un fatto storico, il terribile naufragio della fregata Medusa: i sopravvissuti andarono alla deriva per due settimane, e tra loro si verificarono episodi di cannibalismo. Se volete approfondire, c'è l'apposita voce su Wikipedia Italia. Wikipedia non dice che l'episodio della Medusa è citato parodisticamente perfino in Asterix: Goscinny fa esclamare al capo dei pirati, dopo l'ennesimo affondamento ad opera di Asterix e Obelix: "Ci hanno medusati!"

Stefano ha detto...

Sapevo qualcosa riguardo il quadro, ma ignoravo la citazione in Asterix (prima o poi dovrò mettermi a collezionarla, queela serie!).
La tua riflessione su Kubrick, Spielberg, Scorsese e i problemi del genio mi ha fatto ricordare una bella frase, detta da Noel Coward a Bruce Chatwin , da quest'ultimo riportata in "Che ci faccio qui?": "Non si lasci mai intralciare da preoccupazioni artistiche".

Michele Medda ha detto...

Bellissima! Coward aveva capito tutto. Ma avrebbe dovuto spiegarlo a Kubrick, non a Chatwin...

Francesco_Imp ha detto...

Magari è perchè l'ha detto a Chatwin, che Chatwin è diventato Chatwin...

gianluca ha detto...

"Digitus Dei" l'ho sempre trovato bellissimo.. anche se per "trovarlo" materialmente ci è quasi voluto un investigatore provato! Non lo continueresti perchè ti sei disaffezionato o credi non ci fosse altro da dire?

Michele Medda ha detto...

Perché ne sono uscito prosciugato (anche finanziariamente), perché non mi piacciono più le storie che ho scritto, perché Stefano Casini ora ha giustamente altre priorità, perché nessun editore accetterebbe un fumetto mainstream con un sacerdote, perché credo che ogni opera abbia un suo percorso, e se si ferma a un certo punto forse è proprio là che si doveva fermare...