mercoledì 26 agosto 2009

GIGANTI

Cosa hanno in comune Uomini e topi di John Steinbeck e Il buio oltre la siepe di Harper Lee?

Sono due romanzi (quello di Steinbeck in realtà è un racconto lungo) molto famosi, considerati ormai dei classici, e sono stati adattati per il cinema.

Ma non solo: in ognuno di questi romanzi c'è un personaggio mentalmente ritardato che esibisce una forza fisica non comune. E che probabilmente può essere considerato un archetipo.

Uomini e Topi è ambientato in California durante la Depressione. I protagonisti sono due braccianti, George e Lennie, che lavorano dove capita. Lennie ha il cervello di un bambino e una forza erculea che spesso non riesce a controllare. Gli piace accarezzare i topolini perché "sono morbidi", ma finisce puntualmente per ucciderli. Fatalmente, nello stesso modo provocherà la morte della moglie di Curley, il figlio del proprietario della tenuta dove lui George hanno trovato lavoro. Per sottrarre Lennie alla vendetta di Curley, a George non resta che ucciderlo.


Il ritardo mentale di Lennie è dipinto da Steinbeck senza alcun buonismo ipocrita: proprio come un bambino, Lennie è capriccioso, volubile e bugiardo. Ma non per questo indegno della nostra pietà. Steinbeck ci fa già intravedere il terribile finale nella scena in cui l'anziano Candy è costretto dai compagni a sopprimere il suo vecchio cane, l'unico affetto che gli è rimasto. Questa società non lascia spazio a chi è debole e indifeso, uomo o animale che sia. E Lennie, a dispetto della sua forza è una creatura debole, condannata da un destino crudele a essere solo una vittima.

L'archetipo di Lennie è alla base del personaggio di Henry Niles nel film Cane di paglia di Sam Peckinpah, tratto da un semisconosciuto romanzo dello scrittore inglese Gordon M. Williams, The Siege of Trencher's Farm.

Henry Niles è uno psicopatico che ha stuprato e ucciso delle bambine. Quando George (che diventa David nel film) lo investe con l'auto, Henry è appena evaso dall'ospedale dove era stato portato per una cura. Questo nel romanzo.

Adattando il libro per lo schermo, Peckinpah e lo sceneggiatore David Z. Goodman cambiano il personaggio modellandolo nettamente sul personaggio steinbeckiano. Nel film Henry (interpretato da David Warner) non è un feroce psicopatico: è l'idiota del villaggio, assolutamente innocuo ma molto forte. La sua ingenuità lo ha già messo nei guai con le ragazze. E quando la sciocca Janice Hedden si diverte a stuzzicarlo, lui la uccide senza volerlo, in una scena molto simile a quella di Uomini e topi.

Dopo che il professor David Sumner ha investito il povero Henry, si rifiuta di consegnarlo al branco che pretende giustizia sommaria. L'istinto di protezione nei confronti dello sprovveduto Henry fa detonare il mite David come una bomba, con le sanguinose conseguenze che sappiamo.


In effetti la morale di
Cane di paglia rappresenta un'estensione di quella di Uomini e topi (la società schiaccia il più debole), ma con una curiosa estensione "ottimistica", per certi versi più agghiacciante della morale steinbeckiana: infatti il più debole può rovesciare le sorti della battaglia... se è determinato a battere in spietatezza i suoi oppressori.

Il Buio oltre la siepe di Harper Lee è uscito nel 1960, ma, come Uomini e topi, è ambientato negli anni trenta. La storia si svolge in Alabama ed è raccontata dalla piccola Scout, figlia dell'avvocato Atticus Finch. Scout e il suo fratellino Jem sono affascinati dalla figura di Arthur “Boo” Radley. Boo, considerato nel paese una sorta di “uomo nero”, è in realtà un giovane con disturbi mentali, che vive segregato in una vecchia casa dall'aspetto spettrale. In qualche modo Scout e Jem riescono a “comunicare” con lui, depositando nel cavo di un tronco piccoli regali che Boo ricambia nottetempo, ma senza mai mostrarsi di persona. Intanto Atticus accetta di difendere Tom Robinson, un nero accusato di avere violentato una ragazza bianca, Mayella Ewell. Atticus riesce a dimostrare in tribunale che Tom è innocente (padre e figlia avevano mentito), ma contro ogni evidenza Tom è condannato. Ewell, furioso per essere stato pubblicamente svergognato, tenta di vendicarsi di Finch colpendo Scout e Jem. Ma sarà proprio Boo a salvarli, affrontando Ewell e uccidendolo. Dopo essere diventato suo malgrado un eroe, Boo tornerà nella sua casa fatiscente per non uscirne mai più.

Boo è molto diverso dal Lennie di Uomini e topi. I suoi disturbi mentali (forse) non erano presenti dalla nascita, ma sono dovuti al padre che lo ha tenuto segregato per anni. Boo appare fin dall'inizio come una figura mitica, circondato da un alone di timore reverenziale e nello stesso tempo di fascino (almeno agli occhi dei ragazzi). Anche l'aspetto inquietante della sua casa sempre chiusa contribuisce a quell'aura di mistero. Boo rivela la sua natura gentile dapprima con un piccolo gesto (ricambia i regalini dei ragazzi), e infine si rivela un vero e proprio deus ex machina: affronta in una lotta all'ultimo sangue il violento Bob Ewell e lo uccide. Curiosamente, quando finalmente appare nelle ultime pagine del romanzo, la descrizione di Scout ce lo rivela come un uomo tutt'altro che gigantesco, con la barba non rasata e la carnagione pallida. Somiglia più a uno spettro, ma per i bambini (e per il lettore) è un gigante.

Mi chiedo se in qualche modo si possa far risalire a Boo Radley l'ispirazione per il personaggio di Tom Cullen nell'Ombra dello Scorpione di Stephen King. Il romanzo racconta l'odissea dei sopravvissuti a un'epidemia che ha decimato il pianeta. I superstiti si dividono in due gruppi: uno si raccoglie a Boulder intorno alla figura dell'anziana Mother Abagail, e l'altro intorno al satanico “uomo nero” Randall Flagg, che vuole imporre il suo dominio con il terrore. Scampato all'epidemia, Tom Cullen è come un bambino, smarrito e incapace di valutare la gravità di quello che sta succedendo. Per sua fortuna incontra il muto Nick Andros, e con lui entra a far parte del gruppo di Mother Abagail. Più avanti Tom sarà usato a sua insaputa come “infiltrato” nella Las Vegas di Randal Flagg. Il suo ritardo mentale gli dà una sorta di “superpotere”: quando si concentra per ragionare Tom è capace di arrivare a uno stadio simile all'auto-ipnosi. E in questa sorta di trance mostra doti di preveggenza simili a quelli di Mother Abagail. In parole povere: ben lungi dal limitarlo, l'handicap di Tom lo trasforma in un essere in qualche modo più dotato dei cosiddetti “normali”.

A differenza di Harper Lee, King non ha il realismo come obiettivo principale, ed è quindi libero di conferire fisicità all'aura "sovrannaturale" che nell'archetipo di Boo è solo una suggestione. Boo è un essere umano come tanti, forse appena un po' più forte della media. Il ritardato Tom Cullen è un puro di cuore ed è realmente un essere straordinario.

Restando sempre in ambito "kinghiano", forse possiamo dire che John Coffey, il gigantesco nero del Miglio Verde (ambientato, ma guarda un po', negli anni trenta), fonde i due archetipi della vittima e dell'eroe. Coffey è contemporaneamente deus ex machina e vittima designata.

Quasi sempre, però, le rappresentazioni "mainstream" del ritardo mentale (perlomeno quelle cinematografiche) si collocano di volta in volta in punti intermedi tra i due archetipi della vittima e dell'eroe. Vedi il De Niro di Risvegli, il Dustin Hoffman di Rain Man, il Sean Penn di Mi chiamo Sam, etc. Personalmente, nonostante questi ruoli (politicamente corretti e a volte perfino ricattatori) assicurino il successo ai film e ai loro interpreti, trovo più interessanti altre operazioni.

Come quella decisamente radicale che vira al nero l'archetipo di Boo, proposta da Frank Miller col Marv di Sin City. Che potrebbe fare il paio col Leon dell'omonimo film di Luc Besson. Curiosamente, entrambe le storie fanno riferimento anche a un altro archetipo letterario/cinematografico, quello della Bella e la Bestia. Ma col gioco delle ascendenze e delle discendenze si potrebbe continuare a lungo, e io mi fermo qui.

Le immagini, a partire dall'alto:

Lon Chaney junior nella parte di Lennie, nella prima versione cinematografica di Uomini e topi, diretta nel 1939 da Lewis Milestone.

David Warner nella parte di Henry Niles in Cane di paglia, diretto nel 1971 da Sam Peckinpah.

Un irriconoscibile Robert Duvall, alla sua prima apparizione sullo schermo nei panni di Arthur Boo Radley, in Il buio oltre la siepe (1962) di Robert Mulligan.

Il gigantesco (due metri!) Bill Fagerbakke nel ruolo di Tom Cullen, nella mini-serie televisiva L'ombra dello scorpione, diretta nel 1994 da Mick Garris.


3 commenti:

and ha detto...

avendo vissuto per tanti anni a contatto con persone afflitte da ritardo mentale, faccio molta fatica a ritrovare brandelli di vita reale nei film e nei libri. manca la complessità e anche gli spigoli che rendono difficili i rapporti con coloro che si autoconsiderano "normali".
un percorso ad ostacoli dove personaggi come Rain Man o l'immancabile poeta o scrittore da palcoscenico tv sono davvero una rarità.
mi è piaciuto molto invece come hai descritto in Caravan questo problema...soprattutto le reazioni dei genitori.

un romanzo interessante su questo tema uscito ultimamente per Feltrinelli è "Lowboy" di John Wray, autore anche de "La lingua di Canaan". te lo consiglio e lo consiglio a tutti per come invece questo personaggio afflitto da disturbi psichici sia reale in una storia molto particolare.

Michele Medda ha detto...

Concordo completamente, And. Grazie per l'intervento e per la segnalazione.

Filippo ha detto...

Sostanzialmente concordo pure io. Rain Man mi piace un sacco e non mi sono mai posto il problema di quanto sia vicino al vero il personaggio interpretato da D. Hoffman, sinceramente; così com'è mi sembra funzioni benissimo. Il Marv di F. Miller è un altro personaggio stupendo, per non parlare del Leon di L. Besson e tutti si collocano nella via di mezzo vittima-eroe indipendentemente dall'essenza politicamente corretta o meno.
Non sono mai stato a contatto con persone afflitte da ritardo mentale, ma credo che gli esempi citati siano tutti verosimili nella resa (per quanto non realistici, mi sembra di capire) d'altronde chi cerca realismo al cinema lo cerca invano, bisognerebbe indirizzarsi verso il documentario semmai; stessa cosa per la narrativa, sempre di fiction si tratta.