Consiglio a tutti il bellissimo, ironico, folgorante articolo di Carlo Verdone pubblicato sul Fatto Quotidiano. Quanto dice Verdone può essere applicato anche agli autori di fumetti. Che non sono certo dei divi, ma possono magari definirsi, come direbbe Fabio Visca, “famosetti”.
Dovete sapere che il mio amico Stefano Casini, quando rievoca le Lucche degli anni ottanta, dice: “Eravamo contenti semplicemente di respirare la stessa aria che respirava Hugo Pratt”. Ma la decadenza fin de (vingtième) siècle ha colpito anche il nostro settore. E internet (“dannato www, che ti porta dappertutto”) ha accorciato le distanze.
Ricevo un discreto numero di e–mail da lettori e aspiranti sceneggiatori. Non tutte sono educate. C’è chi non si spreca a scrivere il subject. C’è chi non ti ritiene degno nemmeno di sapere il suo nome, e si firma con il nickname. C’è chi ti intasa la casella con una paccata di allegati del peso di diversi mega. E non sono nemmeno tavole, sono pin–up perfettamente inutili ai fini di una valutazione. C’è chi ti manda i racconti (“tanto sono brevi”).
Qualche anno fa ricevetti un paio di e–mail sgarbatissime da un aspirante sceneggiatore. Facendo una ricerca con Google scoprii che era un autore di racconti, pubblicati su non so quale sito. Andai a leggerli. I “racconti” erano in realtà fantasie (almeno, spero che lo fossero) pornografiche infarcite di violenza. Quella fu l’unica volta che una lettera mi fece realmente preoccupare. Gli risposi bonariamente, e per fortuna non ebbi più sue notizie.
Un caso limite, certo. Perché la maleducazione, nel novantanove per cento dei casi, è semplice maleducazione.
Ma è figlia dell’atteggiamento descritto da Verdone, della caduta di qualsiasi considerazione per l’artista (quale che sia: attore, regista, cantante, scrittore) e per la sua attività.
12 commenti:
Verdone ha ragione a parte quando generalizza: "Si, sono decisamente lontani i tempi del mio incontro timido e discreto con Volonté".
Mi sembra più corretto definirlo, come tu stesso fai esponendo la tua esperienza personale, "un caso limite". Insomma, non sono tutti così.
Lucca Comics 2009, incontro-presentazione di Caravan: ero presente con tutta quella timidezza, quella soggezione e quella tachicardia descritte da Verdone, tanto che ho ascoltato in silenzio e non ho avuto il coraggio di avvicinarti, nemmeno alla fine quando ti sei concesso ai fan.
Filippo, non si tratta solo del rapporto diretto, fisico, tra artista e pubblico. E' un insieme di atteggiamenti - da più parti - a segnalarci che i tempi sono cambiati. Per esempio, l'arroganza di certe strutture produttive nel campo dell'arte e dello spettacolo che impongono "artisti" palesemente incapaci. Fenomeno sempre esistito, per carità, ma che oggi raggiunge livelli sempre più alti di spudoratezza.
Ma c'è anche la resa degli artisti che accettano cachet infimi, col risultato di svilire di fatto il loro lavoro. Qui non è un discorso di maleducazione, ma è proprio un modo di concepire il lavoro artistico che se n'è andato a meretrici.
Grande Carlo!
Mi ha fatto tornare in mente un episodio capitatomi nell'89. O forse era il '90? vabbo', poco importa...
A Jazz in Sardegna, quella sera, è in cartellone Jerry Lee Lewis ed io mi ritrovo sulle gradinate, con Claudia, carissima amica: di fronte a noi, una gradino più sotto, Enrico Ghezzi e sua moglie! Solo noi quattro perché è presto e il pubblico ha ancora da venire. Rimango lì non so quanto tempo, a fissare la nuca di Enrico. In testa una girandola vorticosa di domande che vorrei fargli. Mi frenano due cose: Claudia ("Non disturbarlo, ti prego! Vediamo di non farci la figura dei soliti provinciali!"); la mia innata, devastante timidezza.
Insomma, son là che architetto un modo "civile e educato", che non sia invadente - ma è difficilissimo! - di esternare a Ghezzi tutta la mia stima e ammirazione (che ci volete fare, a me piaceva allora e continua a piacere immensamente ancora oggi), quando arriva una giovane coppia e gli si siede a fianco. Ad un certo punto, il ragazzo punta Enrico, lo fissa intensamente, poi si gira verso la ragazza che si attiva a sua volta e si gira a guardare altrettanto intensamente il nostro. L'impressione è quelle di due mucche che, sul bordo di una strada, fissano le auto sfrecciare davanti a loro: bucolica curiosità per il fenomeno in se, vuoto cosmico nelle loro menti.
Poi, lui, come una fucilata: "Oh! Ma mica che lei è Enrico Ghezzi?"
Ed Enrico, laconico, freddissimo: "Sì."
Lui: "Ah!"
Dopo di che, Enrico prende per mano la moglie, si alza e si allontana dalle gradinate, verso la folla che nel frattempo si è assiepata attorno al palco. Di lì a poco entrerà in scena Jerry Lee Lewis ed io lo perderò di vista. Per sempre.
Claudia ricordo che ha tirato un sospiro di sollievo, convinta com'era che ci avrei rimediato la medesima figura dell'individuo di cui sopra. Anch'io non nego che, data la mia innata goffaggine in questi frangenti – Mike, tu sai bene del mio "incontro" cone Sergio Leone – mi son sentito un po' sollevato per la mancata figuraccia. Questo però non toglie il rimpianto per l'occasione mancata. La possibilità che ho avuto di avvicinare almeno uno dei miei – tanti – idoli. Le domande che avevo e che ho e che rimarranno inespresse. Ma anche, chesso', l'idea di una potenziale amicizia sfumata così... insomma, temo che non saprò mai cosa mi son perso a non essere un po' più intraprendente e sfrontato.
Non so, ma credo di invidiare un po' il motociclista notturno di cui racconta Carlo Verdone. Lui, almeno, è riuscito – rozzamente, magari – nell'intento di avvicinare il suo idolo.
@ Michele
Si, non c'è dubbio, i tempi sono cambiati. Intendevo dire che non tutti si adeguano ai tempi (finché possono), che non trovo giusto generalizzare e che mi sembra più corretto e rispettoso procedere per singoli casi. Tutto qua.
Secondo me internet è un grande palcoscenico dove tutti voglio sentirsi protagonisti. Il fatto è che per fare i protagonisti bisogna anche saperci fare...
Mi era molto piaciuto un editoriale che avevi scritto tempo fa sul tuo sito dove dicevi che i veri disegnatori sono quelli che passano ore ed ore attacchi ad un foglio e non quelli che appena fatto un disegno lo vanno a postare sul proprio blog... Sante parole!
@Carlo: però bisogna distinguere fra manie di protagonismo e semplice voglia, quasi necessità, di farsi conoscere per sperare in un futuro più promettente in un mondo lavorativo quasi impossibile come quello fumetto
Internet ha dato modo a molti disegnatori di lavorare, ma il problema è che ha permesso a tutti di sentirsi "autorizzati" nel prentedere la considerazione che loro pensano di meritare.
Io sono convinto che il mestiere pià difficile sia quello dello sceneggiatore, non del disegnatore: di disegnatori bravissimi ne conosco tanti, gli autori validi (per me, naturalmente) invece li posso contare sulle dita di una mano
Se Internet fosse usato con più parsimonia, e soprattutto con più umiltà, farebbe esclusivamente del bene al fumetto, non bene e male indistintamente
Molto bello l'articolo di Verdone, e molto significativo. I tempi cambiano non c'è dubbio, e la maleducazione cresce...
Certamente non si può far di tutta un'erba un fascio.
Per quanto mi riguarda, quando ti ho avvicinato tanti anni fa a Certaldo, durante una mostra di Nathan Never, tremavo come una foglia... e quelle poche parole che scambiai con te me le ricorderò per sempre. E conservo ancora gelosamente il tuo autografo con la caricatura di Nathan!!! :D
Ma detto questo mi viene in mente un altro ragionamento.
Io credo che un po' di "colpa" se la debbano prendere anche gli artisti. Quando ci si sposta verso un prodotto di massa, e si cerca sempre di arrivare a più persone, è normale che la possibilità di trovare dei maleducati cresce a dismisura.
Verdone sa fare del buonissimo cinema, ma spesso ha utilizzato un linguaggio "stradale", diretto a quelle persone che poi sono quelli che lo ammirano. Sono convinto che a Bertolucci non succede...
Si ritorna sempre al solito discorso. Se si vuol essere artisti puri, non si riesce a campare... se invece si sposta il significato di arte sul mestiere, per fare bene il proprio lavoro bisogna anche raggiungere più pubblico possibile, e di conseguenza si ha più possibilità di fare certi incontri.
Chiaro che Internet contribuisca a tale fenomeno...
Alla fine è una cosa spiacevole, chiaramente, ma è direttamente proporzionale al tipo e alla quantità di pubblico a cui ci si rivolge.
Può essere una spiegazione, Nemo, ma io facevo un discorso più ampio di quello dei fan "invadenti", che tutto sommato ti lasciano aneddoti da raccontare in occasioni conviviali.
Parlavo di una serie di comportamenti che sviliscono il lavoro artistico. E che purtroppo a volte provengono non solo da chi dovrebbe tutelare o valorizzare quel lavoro, ma dagli artisti stessi.
Poi, visto che fai il nome di Bertolucci... Bertolucci (regista che detesto) è stato per anni uno dei registi italiani più importanti, apprezzato in tutto il mondo e portatore, nel bene e nel male, di una idea di Cinema con la C maiuscola.
Dopo "Io ballo da sola" ha fatto un film che si intitolava "L'assedio", che è scivolato via nell'indifferenza del pubblico e dei media. E poi Bertolucci ci ha messo cinque anni per tornare dietro la macchina da presa con The Dreamers... che è del 2003. Incasso di The Dreamers: 15 milioni di dollari... la stessa cifra del budget speso (fonte: Wikipedia). (Per capirci: l'Ultimo imperatore ne aveva incassati 44, a fronte di una spesa di circa 24). Siamo nel 2010, e da allora Bertolucci non ha fatto nient'altro. Cioè, suppongo, *non ha avuto modo* di fare altro.
Io non credo che sia tramontato Bertolucci. Credo che sia tramontata una certa idea di cinema, anzi, di Cinema, oggi impraticabile. E, per quanto a me non sia mai piaciuto Bertolucci, trovo tutto ciò molto triste.
Roger Waters – avete presente i Pink Floyd, sì? – raccontava di come, dopo l'uscita di THE DARK SIDE OF THE MOON (1973), i loro concerti non furono più gli stessi.
Prima di quell'album, il loro pubblico era del tutto peculiare, unico: una setta che si riuniva in adorazione ad ogni happening. Si poteva sentire uno spillo cadere, tanto era il silenzio “religioso” con cui venivano seguite le loro performance. Dopo DARK SIDE le cose cambiarono drasticamente, non tanto per il fenomeno scatenato dall'album in se, quanto per l'incredibile successo raggiunto dal singolo che da questo venne tratto: MONEY.
I concerti si trasformarono in una bolgia infernale. Il pubblico in un branco di assatanati schiamazzanti che pretendevano a gran voce: MONEY! MONEY! MONEY! E soltanto quella. Era tramontata un'era, se ne apriva un'altra che – soprattutto a Roger – non sarebbe mai andata giù. Le cose degenerarono a un punto tale da culminare, poi, nello spiacevole episodio del 6 giugno '77 all'Olimpic Stadium di Montreal, tappa finale del tour di ANIMALS (1977).
“Non riusciamo più a suonare le nostre vecchie canzoni, così suoneremo un po' di musica per andarcene a casa.”
Fu questa la frase con cui il gruppo si accomiatò quella sera dal pubblico che lo incitava a prodursi in un bis. Dopo di che, improvvisarono un blues lento e triste: nessuno tra il pubblico si accorse che Dave (Gilmour), esasperato, non era più sul palco, sostituito alla chitarra da Snowy White.
Michele, in realtà anch'io volevo in qualche modo dire la stessa cosa che hai detto tu...
Può dipendere dal pubblico, ma credo più dagli artisti stessi o dagli addetti ai lavori: è (PURTROPPO) tramontato un certo modo di fare cinema (o arte in generale). Sommiamoci poi una crescente perdita di valori e di rispetto da parte della gente di adesso, ed il gioco è fatto! ;)
Bertolucci era solo un esempio (tra l'altro a me non dispiace, non in tutti i suoi lavori... ma ho una venerazione per Novecento!), ma come detto da te è un esempio lampante. Se fai un cinema impegnato, non ti fanno lavorare... se fai un cinema popolare, ti ritrovi ovviamente a confronto con il popolo... TUTTO.
E cito Michele Medda, un solo post dopo questo: "Se la cosa vi turba, quello dello scrittore popolare non è un lavoro per voi. Sceglietevene un altro, possibilmente redditizio, e nei ritagli di tempo libero potrete realizzare una graphic novel di Alto Livello Qualitativo"
C'è anche da dire che oggi l'artista, fra un trenino a Buona Domenica e un privé al Billionaire, ha perso parecchia autorevolezza.
Hai ragione. Tristemente ragione.
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