Possiamo intervenire sul testo, con possibilità molto limitate, in fase di revisione. Allora possiamo cambiare fino a stravolgerlo un dialogo che si svolge dentro una stanza. Ma non possiamo fare in modo che quel dialogo si svolga sul ponte di una nave.
Possiamo ritornare su quello che abbiamo scritto solo se siamo particolarmente veloci, e soprattutto se lavoriamo su una storia alla volta.
Se scrivo una storia alla volta, le cose funzionano così: do quindici tavole al disegnatore, e il disegnatore è “coperto” per un mese. Durante quel mese io porto avanti la storia. Se arrivo, per dire, a tavola 70 e ho bisogno di tornare indietro e cambiare qualcosa che ho già scritto, posso farlo... ovviamente a partire da tavola 16. Le prime 15 tavole sono già cotte e mangiate, per così dire.
Se non ho perfettamente chiara in testa la storia che sto scrivendo, tendo a consegnare tranches brevi (dieci-dodici tavole), in modo da tenermi ampi margini di intervento man mano che porto avanti la sceneggiatura.
La condizione ideale è ovviamente finire la sceneggiatura e avere modo di limarla prima di consegnarla completa al disegnatore (che in questo modo, a sua volta, lavora meglio). Ma questo capita di rado.
Lavorando a più sceneggiature contemporaneamente, tornare indietro e riscrivere è molto più difficile. Nei primi, frenetici anni di Nathan Never scrivevo venti tavole per Casini, e mentre lui lavorava a quelle ne scrivevo dieci per Toffanetti. Mentre Toffanetti disegnava quelle dieci, ne scrivevo altre quindici per Mari. Quando consegnavo a Mari, Casini aveva ormai finito la sua tranche e dovevo mandargliene un’altra, dopodiché il ciclo ricominciava. E poi qualcuno mi chiede perché non ho continuato a scrivere anche Tex.
Se ripenso a come lavoravo allora, e alla sicurezza che era necessaria per scrivere qualcosa di coerente già in prima battuta, mi dico che non era professionalità, ma giovanile incoscienza. Ricordo perfettamente alcune sceneggiature cominciate avendo solo un’idea vaghissima, o addirittura nessuna idea di dove andare a parare: Vampyrus, Tragica ossessione, Un mondo di robot.
Ricordo un’altra sceneggiatura interrotta dopo circa una ventina di tavole, disegnate da Stefano Casini, e ripresa dopo quasi dieci anni, quando avevo ormai completamente dimenticato cosa volevo scrivere. Quella sceneggiatura è diventata la storia Mandato per un omicidio/Intrigo su Melpomene, e Casini è stato bravissimo a dare continuità grafica al lavoro: sfido i lettori a individuare la tavola in cui si interrompe la tranche del 1994 e comincia quella del 2004. Quanto alla storia, ho dovuto reinventarla da capo (partendo comunque dalla situazione presentata nelle prime tavole, ovviamente immodificabili).
Notate che io non ero per niente prolifico (e non lo sono mai diventato). Credo di essere arrivato al massimo a cinque storie in contemporanea. Antonio Serra riusciva a scriverne il doppio. Era (ed è) così per tutti, intendiamoci. Quando mi chiamarono a scrivere Tex, per evitarmi di proporre idee già sfruttate Claudio Nizzi mi diede la lista delle sceneggiature a cui stava lavorando: erano quattordici.
Dato che non mi andava di trasformarmi in una macchina sforna-sceneggiature in cui è sempre “buona la prima”, ormai da anni cerco di lavorare a una o due storie alla volta. Al massimo – se proprio c’è qualche emergenza - arrivo a tre. È il mio modo per tentare di preservare la bontà del mio lavoro. E la salute, ovviamente, ché quella viene prima di tutto.
12 commenti:
V-A-N-G-E-L-O.
Tu sei ancora giovane, puoi andare avanti ancora per un bel po' a dieci sceneggiature alla volta... :-)
Pensa tu. Io mi trovo bene a lavorare su tante sceneggiature insieme, proprio perché mi dà tempo per riflettere. Faccio un pezzo di storia, poi la lascio lì un mese e intanto - in un angolo del cervello - continuo a rifletterci su, preparandomi al blocco successivo.
Certo, questo comporta che io abbia sempre parecchie storie che mi ronzano in testa, tutte insieme, ciascuna nel suo angolo.
È un mestiere difficile, ma c'è di peggio. Oh, sì, di mooolto peggio.
Bell'intervento, Michele. Grazie
Tito Faraci
Cacchio, quando leggo i tuoi post, ho la sensazione proprio di entrare nel tuo studio mentre scrivi. E' bellissimo...
Non ci posso credere che Vampyrus ha avuto uno sviluppo così random. E dire che io sono innamorato del ritmo delle sequenze. Beh devo dire che le fascinose chine di Nicola Mari contribuivano. Ricordo delle vignette mute, che sembravano durare un'eternità.
Grazie a te, Tito. In effetti, una cosa che va sottolineata a scanso di equivoci è che non esiste *il* modo di scrivere, ma esistono *i* modi di scrivere.
Ne approfitto per una domanda al volo (e se anche Roberto vuole rispondere...): quando cominci a scrivere una sceneggiatura, da dove cominci?
Io dai dialoghi, e soltanto dopo scrivo le descrizioni delle vignette.
Marco, ci sono due motivi per cui quelle sequenze mute ti colpirono. Il primo è il disegno di Mari, il secondo il fatto che - almeno all'epoca - in Bonelli era insolito avere scene mute. In genere venivano aggiunti in redazione piccoli brandelli di dialogo, del tipo "Cos...?" o i famigerati: "?" e "!". Mi pare - dimmi tu se ricordo bene - che in Vampyrus le scene mute siano effettivamente mute.
Michele Medda, Tito Faraci e Roberto Recchioni tutti sullo stesso forum!!!!! wooow!!! allora prima di tutto vorrei fare i complimenti a Michele Medda per le sue sceneggiature meravigliose,Caravan e' davvero una bella serie...faccio i miei complimenti anche a Faraci e al mitico RRobe...il suo detective Dante e' stata manna dal cielo
complimenti a tutti voi.
x RRobe: se qualcosa deve andare storto, tu non permetterai cio'!
E la sequenza -meravigliosa- del sogno con il vascello come ti venne? credo sia l'unica (o comunque una delle pochissime) sequenza onirica della tua produzione.
Comincio da un (orrendo) disegnino della pagina, con abbozzati di fianco i dialoghi appena accennati. Ho bisogno di fare un "progettino" delle tavole.
Però a volte cambio metodo, anche solo per un giorno o per una storia.
Michele, si non ho la storia sotto mano qui dove abito ora. Ma le vignette erano effettivamente mute. Qualcuno prima o poi dovrà scrivere quanto siete stati innovativi in qel periodo. quasi ogni numero di Nathan per me era un tesro da scoprire.
Anch'io come Emi ho curiosità per la scena del vascello... a livello visivo un gigantesco omaggio a Maurnau e all'espressionismo. Ma a livello narrativo, come nasce una suggestione del genere?
Grazie, Tito. Vorrei dire ai lettori che sceneggiare "coi disegnini" non è insolito. Utilizzavano questo sistema anche Gianluigi Bonelli e Sergio Bonelli, e credo che anche Mauro Boselli ricorra agli schizzi per le sceneggiature di Dampyr.
Io uso questo metodo solo quando scrivo a penna (ogni tanto mi capita), oppure quando devo descrivere vignette particolarmente complesse. In tal caso si fa prima ad abbozzare un disegno che a scrivere dieci righe di testo.
Rispondo a Marco: mi imbarazza ammetterlo, ma la sequenza onirica sul vascello non aveva, almeno a priori, una vera motivazione narrativa. La verità è che volevo vedere Nosferatu disegnato da Mari.
Poi, certo, nella storia quella sequenza ha una sua funzione: serve a mostrare come la leggenda dei vampiri affondi le sue radici in tempi remoti. E, se non ricordo male, serve a motivare i sospetti di Nathan, funziona da sogno rivelatore.
Insomma: prima ho pensato a scrivere quella scena, e solo dopo a come inserirla nella storia...
PS
Ah, dimenticavo. I disegnini li tengo solo per me. Li butto via, quando ho scritto la sceneggiatura. (Anche perché li capirei solo io: sono peggio che scarabocchi.)
Forse uno dei post più interessanti del blog fin'ora!
Ma siamo noi lettori dei pettegoli cronici, ci piace andare a vedere dietro le quinte del work in progress del fumetto
Grazie tante, Michele!
Stai soddisfando delle curiosità che mi portavo da quando avevo 10 anni con questa serie di post
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