lunedì 5 ottobre 2009

COVER ME part 2

Al momento di preparare Caravan per l’uscita ci siamo trovati di fronte al problema delle copertine. Noialtri – autori, editore, redattori – eravamo consci della peculiarità di Caravan rispetto alle altre serie bonelliane. Come trasmettere al lettore il senso di questa peculiarità?

Innanzitutto abbiamo scelto di non “disegnare” il logo della testata come al solito, ma di utilizzare un font moderno. Per i curiosi: no, non è quello utilizzato per Jericho (io ve l’avevo detto che Jericho non c’entra niente). Inoltre abbiamo deciso di usare una mappa come elemento grafico, per suggerire l’idea del viaggio. Idea sottolineata perfino dal “bollino” del prezzo, sagomato come un cartello stradale.

Per quanto riguarda le illustrazioni, è apparso subito chiaro che l’approccio tradizionale doveva essere messo in discussione. Intendiamoci, potevamo “barare” mettendo in copertina delle scene d’azione che pure sono presenti nella serie. Ragionando in maniera tradizionale, la cover del numero 1 avrebbe visto Adrian Richards puntare la pistola contro Davide Donati, e una finestra della stanza aperta su un cielo minaccioso.

La cover del numero 2 avrebbe mostrato un motociclista inseguito da elicotteri militari che gli sparavano addosso. Avremmo mostrato la moto che fa zig zag, inclinata su un lato in una sfida alla legge di gravità, e i proiettili che scheggiano l'asfalto a pochi centimetri dalle ruote.

Nella cover del 3 avremmo mostrato gli abitanti di Nest Point che agitavano i pugni davanti ai fucili spianati dei soldati. Oppure - soluzione "texiana" - Lenny che scazzotta i due bulli per difendere Cynthia Newman.

Nella cover del 4 avremmo messo Harold Shawnessy che picchiava sua moglie (ma non Carrie; non metteremmo mai in copertina una scena di violenza su bambini).

In un certo senso, copertine così concepite sarebbero state “giuste”. Avrebbero mostrato scene di tensione e/o di violenza realmente presenti nelle storie. Tradendo però lo spirito della serie: in Caravan non sono le scene di violenza fisica a scandire il racconto. I conflitti che i personaggi affrontano sono per lo più conflitti interiori.

Ci voleva un approccio diverso, quindi. In primo luogo mi assumo la responsabilità di una scelta radicale: non ho voluto armi in copertina. Mai. Nemmeno per quelle storie in cui le armi compaiono e fanno fuoco. Questo per me era un segnale chiaro al lettore: attenzione, qui dentro c’è qualcosa di diverso dal solito.

E anche per questo abbiamo cercato un rapporto di “complementarità” tra le immagini e i titoli delle storie.

Un titolo non è qualcosa di appiccicato su una sceneggiatura giusto per distinguerla dalle altre centinaia che l’hanno preceduta. Purtroppo, spesso lo è. Per necessità, per velocità, e – perché negarlo? – per comodità. Per Caravan abbiamo cercato di sfuggire a questa trappola con dei titoli ragionati, che evidenziassero o il personaggio centrale della storia o un aspetto significativo del racconto.

Il primo titolo ipotizzato per il numero 1 è stato Un giorno a Nest Point. Questo titolo sottolineava l’ordinarietà della situazione spezzata dall’apparizione delle “nuvole strane”. Ma Il cielo su Nest Point mi sembrava un’idea migliore. L’illustrazione avrebbe chiarito subito cosa aveva di particolare questo cielo. (il problema è stato poi decidere chi mettere sotto quel cielo. Ne abbiamo parlato in questo post).

La cover del 2 è stata facile. La figura del motociclista ribelle ci sembrava abbastanza forte di per sé da non dover ricorrere a scene degne di un film di Italia 1 per solleticare i lettori. Emiliano ha disegnato Stagger in direzione opposta alla carovana. Si volta e si guarda indietro con un sorrisetto. “Il ribelle” non si unisce al branco. I wasn’t born to follow, diceva la canzone di Easy Rider. È perfetto. Non c’è bisogno d’altro. Non abbiamo praticamente considerato alternative a questa cover, se non l’idea di usare un’inquadratura leggermente più ravvicinata.

Il numero 3 era difficile. Il titolo cercava di centrare l’aspetto principale della storia. Che non è tanto la discutibile natura della verità ("duttile e plasmabile", dice la dottoressa Peters), quanto la credibilità di chi la enuncia. Specie se è qualcuno che non dovrebbe mentire mai. Come un leader, per esempio. A pensarci bene, un leader è la sua parola. Se la sua parola non è credibile, il leader non è credibile. (Almeno negli Stati Uniti. Come ben sappiamo, da noi è tutta un'altra cosa).

Non si può visualizzare “la parola di un leader”, ma si può visualizzare un leader. Perfino vestendolo normalmente, in giacca e cravatta, si può far capire che è un leader. Emiliano ha scelto una copertina compositiva: azzera lo sfondo (in una scena così “carica” non farebbe che appesantire l'immagine) e mette ai lati le due fazioni, civili e militari; mentre il leader – il sindaco Banks, come capiremo leggendo – viene verso di noi, sollevando la mano come per invitare la gente a seguirlo.

Una possibile alternativa sarebbe stata concentrarci sul momento più drammatico dell'albo, quello di maggiore impatto dal punto di visivo. E non parlo della riapparizione delle nuvole misteriose, ma di quella della ragazza scomparsa, Cynthia Newman. Non abbiamo nemmeno fatto un bozzetto, però: l'idea di mettere in copertina l'immagine di una ragazza coperta di lividi e coi vestiti strappati mi sembrava quasi pornografica.

Un altro bozzetto - questo effettivamente realizzato da Emiliano - vedeva Banks e il colonnello Warren l’uno di fronte all’altro in atteggiamento di sfida, con una inquadratura laterale ripresa leggermente dal basso. Abbiamo scartato questa prova perché, come giustamente ci ha fatto notare Mauro Marcheselli, l’angolazione dal basso era già stata usata il mese precedente. E inoltre, ragionandoci sopra, la sfida tra Banks e Warren non è personale. Banks agisce a nome della cittadinanza. Perciò ci sembrava più giusto mostrare anche i cittadini di Nest Point.

Il titolo del numero 4 è La storia di Carrie, ed è ovvio che la copertina doveva presentare Carrie al lettore. Una prima idea è stata quella di realizzare la copertina dell'albo come se fosse la copertina di un disco di Carrie. Doveva esserci solo Carrie con la sua chitarra. Qualcosa di simile a una cover famosa, quella di Nashville Skyline di Bob Dylan.

Questa soluzione aveva due difetti: era troppo “solare” (e la storia di Carrie non lo è) e sostanzialmente ci diceva solo che Carrie è una cantante.

In seconda battuta ho suggerito a Emiliano di concentrarci sulla fuga di Carrie. La mia idea era mostrare Carrie seduta nella corriera, abbracciata alla sua chitarra, mentre guarda dal finestrino la città che sta lasciando. Emiliano ha osservato che concettualmente l’immagine era giusta, ma "sacrificava" il paesaggio. E, allentando un po’ l'aderenza alla storia, ha proposto di mostrare Carrie che si allontana a piedi dalla sua città.

Trovo questa copertina praticamente perfetta, e non solo perché è un bellissimo disegno, ma perché racconta con una sola immagine la storia di Carrie. Ci dice che Carrie è una ragazza, che suona la chitarra, che si lascia alle spalle la sua città, e che questo – lo capiamo dall’espressione sul suo volto – è un addio. Sullo sfondo, un’auto si avvicina , e dall'inclinazione sembra che proceda a forte velocità, sbandando leggermente. Forse c’è qualcuno che insegue Carrie. Questo non è un elemento presente nella storia (a meno di non considerarlo un simbolo dei ricordi che inseguono Carrie); ma funziona egregiamente, trasmettendo al lettore un senso di inquietudine.

Avete già visto sul retrocopertina del numero 4 la splendida copertina del numero 5. E vi anticipo che vedrete tra qualche mese - forse per la prima volta nella storia della casa editrice – una copertina senza personaggi. Magari ne riparleremo. Ovviamente dopo l'uscita dell'albo, per evitare gli spoiler.

25 commenti:

Lucia Alocchi ha detto...

Io trovo che la scelta dei personaggi da porre in ogni copertina sia perfetta perchè secondo me concorda anche con ciò che il lettore prova leggendo ogni albo. Inoltre Emiliano Mammuccari è bravissimo, ottima scelta.
Complimenti per la serie, finora l'ho trovata molto interessante!

Lucia Alocchi

Nemo ha detto...

Bellissimo questo post! Davvero interessante capire il dietro le quinte delle vostre scelte, e grazie di venire a raccontarcelo... ;)

Concordo sulla copertina del n°4, a mio avviso la più riuscita.
E guardando l'anteprima, la prossima mi è sembrata ancora più bella! :)
Purtroppo però non potrò leggerti nuovamente fino a Dicembre (lavoro all'estero)... :(

Tornando a noi mi aspettavo anche una riflessione sul perché Bonelli non può cambiare "filosofia" sulle copertine, come da questa tua frase nel post precedente:

*Nemo, ho capito, il discorso ha una sua logica, ma è improponibile alla SBE, per una serie di motivi che richiederebbero non un post, ma un blog a parte. Comunque parlerò anche di queste cose nel post sulla "filosofia" delle copertine di Caravan.*

Dobbiamo forse aspettarci un COVER ME part.3 ?????? :D

Michele Medda ha detto...

Sì, Nemo, ci sarà un COVER ME part 3. Quello su un (im)possibile rinnovamento è un discorso lungo, che coinvolge anche l'approccio "ideologico" alle miniserie, e io sto cercando di contenere la lunghezza dei post. Quindi, alla prossima volta.

Intanto spero di essere riuscito a far capire che "fare i fumetti" non si esaurisce nello scrivere e disegnare, ma implica una serie di scelte successive. Che prese una per una - come quella della costola o della plastificazione della copertina - sembrano poco importanti, ma richiedono comunque tempo, valutazioni, riflessioni. E alla fine hanno il loro peso. Sia per chi pubblica, sia per chi legge.

Vernè ha detto...

Mi associo ai complimenti di Nemo.
Questo blog , mi sa che me lo stamperò e me lo collocherò come una reliquia (anche se non possederà la "costina" come i fumetti....)tra i mitici (eh sì, perchè diventeranno mitici!) 12 numeri di Caravan.
Mi piace leggere di come anche l'autore partecipi così attivamente alla scelta di un soggetto piuttosto che un altro. Ma mi piacerebbe anche vedere gli studi preparatori o le tavole non utilizzate in favore di quella definitiva che possiamo anche noi lettori ammirare.

Nemo ha detto...

Come sempre, grazie delle risposte.

Dunque, se devo dirti la verità credo che solo volendo essere superficiali si possa pensare che un prodotto (un qualsiasi prodotto) non abbia alle spalle un lavoro complesso e articolato.
Non mi è mai passato per la testa che fare fumetti fosse così facile, anzi...
Mentre invece trovo molto interessanti e divertenti "i perché" specifici delle vostre scelte, in quanto mi permettono di valutare il lavoro finito dal lato delle emozioni di chi lo produce.

Casomai potevo pensare che la scelta della costola o della plastificazione fossero più in mano alla casa editrice (nel senso di marketing) che all'autore stesso.
Per la serie: tu dacci la tua arte e noi la confezioniamo e la vendiamo.

kaesar ha detto...

"Cover me"
Mi ricorda questo:
"Cover me with the thought that pulled the trigger?"

Non c'entra niente, lo so...

Michele Medda ha detto...

"just think of me as one you'd never figured to fade away so young..." (Neil Young, Powderfinger)
brrr, tocco ferro e preferisco pensare a "Cover Me" di Springsteen, non proprio una ventata d'ottimismo, ma decisamente meno macabra.

Scusate l'OT.

Michele Medda ha detto...

Rispondo a Nemo: la SBE è un'azienda a conduzione familiare, quindi non c'è proprio una rigida divisione di ruoli. In una major io scriverei la sceneggiatura, la consegnerei, e tutto finirebbe lì. Certamente non sarei chiamato a discutere delle copertine o della grafica della testata. E forse nemmeno della supervisione dei disegni.

Essere coinvolto ulteriormente può essere uno svantaggio dal punto di vista del tempo (non retribuito) che tutto questo richiede. Ma è un vantaggio dal punto di vista "autoriale", che mi consente di avere voce in capitolo nella presentazione del mio lavoro al pubblico.

Nemo ha detto...

Capisco Michele.
Certamente il tuo caso è però diverso rispetto agli sceneggiatori che si aggiungono strada facendo ai seriali di lungo corso...
Intendo dire che in Caravan è chiaro che tu sia il padre nonché l'unico sceneggiatore... ma cosa accade sulle testate storiche?
Per fare un esempio su qualcosa che conosco, in Nathan Never entra il nuovo sceneggiatore Perniola (per dirne uno), ma la copertina la decide comunque Serra, o sbaglio???
Quindi il o i "papà".. :)

E allora mi chiedo: quando tu scrivi una storia di NN, chi la decide la copertina?

Comunque il tuo discorso non fa una piega... e lo riallaccio tranquillamente alla mia esperienza in campo musicale dove, lavorando per una piccola label, abbiamo (la mia band) partecipato praticamente ad ogni decisione, cosa che non avviene se fai parte ad esempio della la EMI. ;)

Marco ha detto...

Michele, ringraziamento comune per questi due post che ci hai regalato secondo me interessantissimi e su un aspetto relativamente trascurato dalla critica.
In fondo, una storia di fumetti è una successione di "quadri", fatti per rimandarsi l'uno l'altro (a riguardo ci sono delle pagine molto belle in "Leggere il fumetto" di Benoit Peeters).
La copertina, al contrario, è un mondo a parte, cui viene affidato però l'ingrato compito di sintetizzare il sapore di una intera storia in un solo sguardo. Mi sembra che la strada seguita dalle copertine bonelliane sia quella di una classicità monumentale, che rimanda alla grande tradizione della pittura e giunge a noi, attraverso il Walter Molino della Domenica del Corriere. Non a caso, fra i copertinisti più abili di Casa Bonelli ci sono disegnatori "molto classici", o per meglio dire "plastici" come Villa e Castellini, oppure artisti pittorici come Angelo Stano.
Segnalo che, per quanto riguarda l'America, c'è un magnifico portale, su cui è possibile sfogliare migliaia di coperine di comicbook e pulp:
http://www.coverbrowser.com/

Filippo ha detto...

Questo nuovo post ha risposto in pieno alle domande che avrei voluto porti dopo la lettura della prima parte. Pensavo che la struttura della casa editrice in questione fosse molto più rigida. Se ho capito bene questo modo di lavorare non è peculiare di Caravan, vale anche per tutte le altre serie e mini-serie, giusto?
Mi lascia perplesso il ragionamento di Marcheselli sull'angolazione leggermente dal basso... Mi sembra che le immagini di copertina siano tutte angolate in questo modo eccetto la 3 e la 5. Se non si è posto il problema tra la prima e la seconda perché se lo pone tra la seconda e la terza? Mi sembra un problema che non è un problema, ma non ho la sua, la tua, la vostra competenza, quindi probabilmente sbaglio. Comunque quella che preferisco finora è la numero 5 :-)

Michele Medda ha detto...

Filippo, mi sono espresso male io. In realtà anche la prima era dal basso, la seconda pure. Tre di fila dal basso erano un po' troppe.

Delle altre mini-serie non so dirti. Credo che l'autore sia sempre interpellato per un parere, ma non è detto che a ogni autore interessi discutere le copertine. La partecipazione dell'autore alla elaborazione della cover potrebbe consistere al limite in "sì, va bene" oppure "no, non mi piace, rifare".

Nemo, tra serie "maxi" e mini-serie la differenza c'è: io non sono interpellato per le cover di Dylan Dog. D'altronde, è logico: gli autori sono diversi, non è possibile che ognuno di noi dia una "sua" impostazione per la copertina.

Per quanto riguarda Nathan Never seguiamo un criterio molto pragmatico: le cover le decide Antonio Serra (ovviamente discutendole con Roberto De Angelis). Poi è capitato che Antonio mi abbia chiamato per decidere le copertine di alcune delle mie storie, per la difficoltà di utilizzare un approccio "bonelliano" doc con la tipica scena d'azione. Ma si tratta di casi eccezionali. Le cover delle maxi-serie sono di competenza del supervisore.

Marco, grazie della segnalazione. E' come dici: classicità. Per noi sarebbero impensabili copertine "all'americana" con la pin-up, o addirittura le composizioni quasi cubiste di un Dave McKean. Se non sbaglio, poi, sulle cover delle serie americane manca il titolo della storia (ricordo che su Sandman era indicato il *ciclo* di cui la storia faceva parte, ma non il titolo dell'episodio. O sbaglio?).

gianluca ha detto...

bellissimo post!
Io avevo visto delle similitudini tra la cover n.2 e la n.4, similitudini significative perchè sono come le due facce di una stessa medaglia (la ribellione). Entrambi i personaggi sono ribelli, ma stagger in modo "irrazionale e violento" (ed infatti va incontro ad una fine violenta), carrie lo è in maniera più "ragionata". E questo lo si vede dal fatto che entrambi si allontanano dalla "civiltà", ma Stagger su una moto (espressione di violenza) e sogghignando, Carrie a piedi (a piedi si ragiona meglio che in moto) e triste: per lei la ribellione non è fine a sè stessa come per Stagger, è l'unico modo (purtroppo) per realizzarsi.
Probabilmente è stato solo un mio viaggio mentale... ma la mia interpretazione mi piace!

Filippo ha detto...

Grazie per le risposte, Michele :-) Ho un'altra domanda, se non è un problema... Ti è mai capitato o è mai capitato (in generale) di modificare un'immagine di copertina o un titolo di un albo perché simile a quelli di un'altra serie o mini-serie? Solo una curiosità, per capire se viene utilizzato anche questo criterio per la scelta di un'eventuale cover o titolo.

Michele Medda ha detto...

Filippo, c'è un database con tutti i titoli dei nostri albi, e lo controlliamo prima di dare alle storie il titolo definitivo.

Quanto alle immagini di copertina, non ripetersi è impossibile. Molto pragmaticamente, cerchiamo di evitare che escano due copertine uguali su serie diverse nello stesso mese.

Pasquale ha detto...

veramente molto interessante, non mi ero mai posto il problema di capire i meccanismi che stanno dietro la scelta di ogni cover.
E se devo essere sincero condivido in pieno l'idea di non voler raffigurare in copertina armi o scene di tensione, preferendo invece un disegno che riesca a raffigurare la "filosofia" della storia che, di volta in volta, ci apprestiamo a leggere.
Detto questo faccio i complimenti all'autore e a tutto lo staff dei disegnatori. All'inizio ero molto titubante e se devo essere onesto la storia non mi aveva colpito molto. Ma siccome ogni estate il mio lavoro stagionale mi porta a leggere molti fumetti; ho avuto la "fortuna" di continuare la serie nonostante le diffidenze iniziali.
Mi piace molto la psicologia dei personaggi.
Splendido lo scambio di battute fra Jolene e Davide nel numero 4: "J:ehi guarda, D:cosa?, J:una stella cadente, ma è già andata è stato un attimo... non l'hai vista?, D:No, J:peccato potevamo esprimere un desiderio".
Penso di aver letto miliardi di fumetti della Sergio Bonelli, ma mai così tanto mi sono "sentito" immedesimato con i personaggi.
A presto e in bocca al lupo per la serie.

Anonimo ha detto...

Caro Michele, volevo farti i miei complimenti per il quinto capitolo della tua mini-serie. Soldi ben spesi.

Questa mattina mi sono recato dal giornalaio per acquistare il primo numero di Greystorm. Il soggetto mi ha detto che il primo volume che ospita la miniserie ancora non è arrivato nelle edicole. Non usciva oggi? 10 Ottobre?

Davide, 24, Roma

Anonimo ha detto...

Michele, avevi detto che non ci sarebbero state armi in copertina, ma nella miniatura del prossimo mi pare di vedere dei fucili...

Michele Medda ha detto...

Tarantino cambia la Storia con la S maiuscola, ma noi non abbiamo la pretesa di fare altrettanto. A quanto ci risulta, quando l'esercito americano è entrato a Roma il 4 giugno 1944 i soldati erano armati! In un contesto simile la presenza delle armi è "di default" quanto quella delle divise, e non ha nessuna particolare valenza narrativa.

Michele Medda ha detto...

Davide, la distribuzione degli albi non avviene tutta lo stesso giorno, ma c'è una "oscillazione" di due-tre giorni. Può succedere quindi che in una certa zona gli albi arrivino prima della data indicata dall'editore, e in un'altra (per esempio in Sardegna) anche due-tre giorni dopo.

Tizius ha detto...

Dopo aver letto questi tuoi interessanti post sulle cover ho sbirciato con un po' di curiosità tra i vari albi e devo dire che ci sono comunque diverse eccezioni a queste regole, soprattutto per le armi. Per es. spesso sulle cover di Julia non ci sono armi, anche su Dyd a volte questo è avvenuto es. Golconda e Il sonno della ragione, ma anche su Napoleone (es. Storia di Allegra) e altri su cui non mi dilungo.
Il recentissimo Greystorm non presenta armi per le prime 3 cover e, sulla prima neanche alcuna scena di tensione.
Mi incuriosice particolarmente la possibilità di vedere una cover Bonelli senza personaggi... quello si che sarebbe una bella svolta!
In conclusione mi sembra di capire che, se la copertina funziona, le dovute eccezioni sono state comunque ammesse. Certo nel caso di Caravan è l'intera serie di cover a costituire un'eccezione però l'idea funziona, le copertine sono davvero molto belle e ben rendono lo spirito della serie. Complimenti a te e anche al bravissimo Mammucari

Michele Medda ha detto...

Sì, Tiziano, come indicavo nel post "Cover Me", le eccezioni ci sono. Tieni conto comunque che le armi sono un rimedio "in extremis"; spesso si usano quando nella storia non si riesce a individuare una scena "forte" da utilizzare per la copertina.

In Greystorm è il contesto in sé a essere visivamente intrigante, e quindi non c'è bisogno di mostrare armi in copertina.

and ha detto...

ciao, a proposito di Jericho-Caravan e del modo in cui vengono letti e recensiti i fumetti, prova ad andare qui, ci sono capitato oggi:

www.inkiostro.splinder.com

e guarda cosa scrivono di Caravan. Ma anche le altre recensioni, sono incredibilmente le stesse che ho letto in altri posti, come se basta che parte una recensione e le altre si accodano.

Michele Medda ha detto...

And, qualunque mentecatto abbia una connessione internet e l'uso delle falangi può digitare la prima stupidaggine che gli viene in mente e diffonderla con un clic. Ma questo non riguarda solo i fumetti. E dato che non c'è niente che possiamo farci, non c'è da perderci il sonno.

Vin ha detto...

Ciao, scrivo per dire che "Come i lupi", come copertina e come titolo, è semplicemente meravigliosa.
Complimenti