venerdì 11 settembre 2009

UN'ALTRA INTERVISTA

Sul sito postcardcult.com. nuova intervista al sottoscritto, che mi dà modo di esternare su un po' di cose, da Dylan Dog al futuro del fumetto. Ecco, magari essere definito "uno dei principali autori del fumetto italiano" mi carica di un po' troppe responsabilità...

11 commenti:

RaSca ha detto...

La considerazione più interessante che ho trovato nell'intervista è questa, ti riferisci all'Italia ed all'accoglienza che uno sceneggiatore di fumetti deve aspettarsi nel cimentarsi in altri campi (come il cinema, la letteratura e così via):

"Se scrivi fumetti non sei uno scrittore. Non importa quanto sei bravo, non importa quanta gente legge le tue storie e le apprezza. Non esisti, punto. L'autore di un qualsiasi romanzetto insulso, per un produttore, sarà sempre più titolato a scrivere un film o una fiction rispetto al più brillante degli sceneggiatori di fumetti. Dopo tanti anni di lotta e anche, diciamolo, di riconoscimenti, il fumetto è ancora, tragicamente, un sottoprodotto culturale'."

Sinceramente non so se dissentire, mettendomi sulla zattera di quelli che pensano che è sempre possibile cambiare le cose con una buona idea, oppure essere d'accordo ed annuire con aria ebete.
...
...
Mi impongo di dissentire, ed asserisco che in fondo una buona idea (in un fumetto, in un romanzo, nel cinema) alla fine viene sempre premiata.
Adesso prima di insorgere lasciami ancora due minuti di "mondo perfetto" nella testa (tra l'altro titolo di un film di Eastwood) :-)

Anonimo ha detto...

Eeh... già... già... già...
"Dissentire o non" questo è il problema!
E' bello vedere che sulla zattera di chi pensa che le cose possano cambiare ci sono tante persone ed è anche giusto che le correnti di pensiero siano sempre più d'una, anche perchè solo così ci può essere un reale confronto tra diversi modi di pensare.
Tuttavia quanto ha detto Michele corrisponde a quella che è la triste realtà.
Chi scrive fumetti per accedere agli altri prodotti commerciali che vanno dal tubo catodico al grande schermo deve avere oltre al successo anche soldi, fama e conoscenze (specie in Italia e senza che stiamo a prenderci in giro).
Personalmente condivido le idee di entrambi ma non dissento su quella espressa nell'intervista...insomma, sulla zattera non ci salgo perchè sono un fautore dell'idea che i cambiamenti od i miglioramenti si raggiungono più con l'aggregazione o come la chiamo io la forza dell'unione.
Le alternative vanno proposte con idee innovative quali i progetti di gruppo possono portare.
Sempre col pieno rispetto di qualsivoglia idea altrui questa resta la mia opinione personale.
Un saluto
Cecco

nonimporta ha detto...

Per quanto riguarda il panorama del fumetto, secondo la mia umilissima opinione è che oggi ci sono moltissimi mezzi di intrattenimento(cinema,tv,libri,fumetto). Ognuno va per la sua strada e l'utente finale non ha più la facoltà di scegliere ma predilige quello più forte. Questo provoca quindi l'affosamento di quelli più deboli. Un altro fattore è la mancata alfabetizzazione del fumetto per le nuove generazioni, cioè il presentare il prodotto che viene quindi affossato. Per quanto riguarda il pregiudizio in italia sull' autore di fumetti è tutto legato alla suddivisione dei mezzi di intrattenimento. Mi scusi sig. Medda ha mai pensato di scrivere un libro?

Michele Medda ha detto...

Green T, fino a qualche anno fa pensavo che ci fosse una crisi "del fumetto". In realtà la crisi è totale, riguarda ogni campo dell'arte e dell'intrattenimento. Forse il fumetto - per una serie di ragioni che riguardano la sua storia - risente della crisi più di altri media.
Infine: scrivere un libro? Perché no? Ma - salvo casi rarissimi - coi libri non ci campi. E fare fumetti, per me, è ancora un lavoro, un lavoro vero.

nonimporta ha detto...

Signor Medda spero che non abbia frainteso la mia ultima dichiarazione. So che fare i fumetti è un lavoro serio, infatti è proprio grazie al suo lavoro che passo ore indimenticabili. Quindi vista la sua innegabile bravura nello scrivere storie, un libro potrebbe essere un altro mezzo per intrattenerci.

Anonimo ha detto...

Personalmente resto dell'opinione che, salvo pochi casi sporadici e fortuiti, è meglio che ognuno nella propria vita lavorativa faccia una sola cosa e la faccia bene!
Se Michele ritiene la sceneggiatura di fumetti un lavoro vero per le sue doti dal mio punto di vista fa più che bene a dedicarvisi a tempo pieno... visti anche i risultati!
Un saluto a tutti,
Cecco

RaSca ha detto...

"Fare fumetti è un lavoro vero", e su questo nessuno discute, peraltro chi scrive qui è in un modo o nell'altro un fan del tuo lavoro.
Però un lavoro di tipo "artistico" è inevitabilmente più complicato.
Sul piatto c'è ad esempio la solita faccenda dei compromessi.
Se fai quello di mestiere, sai che chi ti fa mangiare può sindacare su come svolgi il tuo lavoro, ed inevitabilmente bisogna ALMENO assecondare il padrone (e far perdere all'opera un po' del suo creatore).
Viceversa se non scegli di campare di quello, non sacrificherai mai la tua arte in funzione dei compromessi, ma non potrai nemmeno dedicarci tutto il tempo che hai (a meno di qualche sei al superenalotto).
Tutto questo, come sottolinei tu, in un ambiente come quello italiano è amplificato.
La strada giusta non so quale sia, è tutto un equilibrio tra chi sei e chi vorresti essere.

Michele Medda ha detto...

RaSca, purtroppo le cose non sono così semplici. In linea di massima è vero che se io mi autoproduco non rispondo a nessun padrone e sono più "libero". E' quello che è successo con Digitus Dei.

Teoricamente sarebbe la condizione ideale. In pratica non lo è. Non sei affatto "libero", e il tempo che devi dedicare a tutto quello che c'è "intorno" al lavoro creativo (grafica, pubblicità, locandine, distribuzione, spedizioni) finisce per togliere fiato alla creatività quanto i "paletti" editoriali che normalmente trovi in una casa editrice "vera".

Senza contare che se produci una cosa senza guadagnare devi "correre" sull'altro versante - quello del lavoro retribuito - a danno della qualità del tuo lavoro, e soprattutto a danno dei lettori paganti. E questo non è corretto.

La totale libertà creativa è un mito. La creatività ha sempre dei vincoli, e ci sono capolavori nati a dispetto di ostacoli, vincoli e censure.

Concordo però con la tua conclusione, molto lucida: è un fatto di equilibrio tra realtà e possibilità. Aggiungo che per ognuno di noi questo equilibrio è del tutto personale, sempre precario e stabilito giorno dopo giorno. A life's work, come disse una volta Frank Miller.

Filippo ha detto...

Ho letto l'intervista e Michele ha perfettamente ragione su tutto - annuisco con aria ebete ;-) - purtroppo è la realtà. Ovvio, c'è sempre la speranza che qualcosa (se non tutto) possa cambiare (e magari accadà), ma è bene prendere le cose per quello che sono e non per quello che potrebbero essere.


P.S. Onore e gloria al Dio Clint! Lo adoro! ;-)

Anonimo ha detto...

Mi associo al post scriptum di Filippo... e come non potrei!
Sottolineo inoltre con piacere che, anche se in termini diversi (cosa che arricchisce il dialogo)l'argomento della discussione lo abbiamo centrato ed approfondito abbastanza.
Un saluto
Cecco

and ha detto...

Sì, come dici tu michele c'è una crisi diffusa in tutti i campi della cultura, non solo nel fumetto. Tutto ormai sembra legato al motto "successo e guadagno immediato", che se da un lato si può anche comprendere, visto che comunque si investono soldi in un "prodotto" dall'altro tutto ciò va a scapito della qualità anche del rischio che si incorre a pubblicare opere che non divergono dal gusto comune. Per tanto ho apprezzato tanto il tentativo messo in atto dalla Bonelli con Caravan, un fumetto che all'apparenza non racconta nulla. Un po' come succede ai migliori racconti e romanzi minimalisti dove in realtà si racconta molto di più di quello che si pensa e dove ogni descrizione, oggetto, frase si trasforma in un mondo.
Per quanto riguarda il lavoro, io ho pubblicato due romanzi per piccoli editori e non ci ho guadagnato nulla, ci sono delle novità all'orizzonte e chissà che la cosa magari non possa cambiare. Ma devo anche ammettere che sono rimasto già felice, ma davvero tanto, di quelle poche mail o chiacchierate o lettere di coloro che avevano apprezzato quanto avevo scritto, ritrovandosi e ricevendo emozioni, idee, vita e dolore.
ciao
andrea