Bene, è ufficiale: tra un mese, appuntamento in edicola con Greystorm. Un po’ di notizie le potete già trovare sul sito della Bonelli, ma qualcosa voglio dirvela io, riallacciandomi a un interessante articolo sul blog Harry dice a proposito dell’autore americano Steve Rude. Molto attivo negli anni ottanta con la saga Nexus, Rude ha smesso di realizzare fumetti perché non si riconosce più nel fumetto attuale.
“Harry” scrive di Rude: “il mondo che lo ha sedotto da piccolo e che lo ha convinto a essere un professionista è cambiato: storie troppo “adulte”, dure, oscure, violente. Una china secondo lui avviatasi negli anni ’90 e non più interrotta.”
Credo che questo sia l’esatto pensiero di Antonio Serra. Anche lui rimpiange quel sense of wonder che non è più presente nel fumetto contemporaneo, nemmeno in rivisitazioni raffinate come La lega dei Gentiluomini Straordinari.
Con la differenza che Rude ha deposto le armi, mentre Antonio continua a combattere. Nel corso degli anni ha un po’ diradato la sua attività di sceneggiatore, ma non l’ha mai cessata del tutto (non foss’altro perché c’è spesso il suo zampino nei soggetti di Nathan Never e nell’operazione Universo Alfa).
Non so se condividere le osservazioni di “Harry” quando traccia un bilancio un po’ severo nei confronti dell’opera di Steve Rude. Sicuramente non le applicherei al lavoro di Antonio.
Greystorm va orgogliosamente controcorrente. Non solo non attinge all’immaginario televisivo e cinematografico predominante, ma nemmeno a quello letterario. Per intenderci, scrittori come Lansdale, Cormac McCarthy e altri considerati cool sono molto lontani dal gusto e dalla sensibilità di Antonio.
Michael Crichton potrebbe essere il riferimento ideale, ma Greystorm va controcorrente, appunto, e guarda ancora più indietro, a quello che di Crichton è stato il modello. Cioè l’archetipo romanzesco verniano/wellsiano e le sue varie declinazioni (compresa quella, passatemi il termine, “feuilletonistica”).
Detto ciò, se pensate di leggere un fumetto derivativo, prevedibile e ultracodificato vi sbagliate di grosso. Rispetto al modello bonelliano che prevede l’eroe (l’eroe–eroe, cioè un buono) sempre al centro dell’azione, Greystorm propone alcune novità. Prima di tutto il fatto che è corretto definire Robert Greystorm un protagonista, ma sarebbe decisamente improprio definirlo un eroe.
In secondo luogo, Greystorm sfodera (almeno nei primi tre episodi che ho letto) una compattezza grafica impressionante, e qui c’è un’altra novità non da poco. Greystorm è la prima mini–serie bonelliana co–firmata da sceneggiatore e disegnatore; quest’ultimo è Gianmauro Cozzi. È Cozzi ad avere sintetizzato la monumentale ricerca iconografica dello scrittore elaborando per la saga personaggi, costumi e macchine; con una particolare attenzione per queste ultime, tutte basate – puntualizzano orgogliosamente gli autori – su progetti effettivamente realizzati, quantomeno a livello di prototipo.
Infine: Greystorm non ha l’ambizione un po’ snob di certe rivisitazioni “colte” dei classici (come la succitata Lega di Alan Moore). Greystorm è un fumetto popolare genuinamente e orgogliosamente user friendly, leggero e leggibile.
Chissà cosa ne penserebbe Steve Rude…
16 commenti:
E' questo quello che mi sta piacendo maggiormente delle mini serie bonelli...una completa diversificazione di tematiche. Con questo modo di fare non posso che apprezzare le mini serie...anche se il vedere di nuovo un "eroe" mi farebbe molto piacere.
E noi (chi legge e chi scrive) non chiediamo di meglio... benvenuto a tutto ciò che è di nuovo e che verrà e che nessuno (chi legge e chi scrive) venga mai a stancarsi di farlo.
Saluti a tutti
Cecco
Io spero solo che non sia un'emerita fetecchia come Gregory Hunter... ho ancora i brividi, a ripensare a quella serie.
Personalmente sono molto curioso di leggere questa nuova mini, il personaggio ha un grandissimo carisma.... chissà come sarà poi effettivamente la serie.
Speriamo bene!
Aspetto sempre con curiosità le proposte di Serra.
Peraltro, il recupero “dell’innocenza”e del “sense of wonder” nel fumetto è un tema (irrisolto), ormai vecchio di almeno trent’anni. Penso a quel bel saggio, anche se un po’ faticoso, di Gino Frezza “L’immagine innocente”, datato appunto 1978, che cercava di rintracciare le matrici di quella freschezza straordinaria. E penso ai tanti autori che in anni recenti, ci hanno provato, dagli esperimenti un po’ “elitari” (hai ragione Michele, ma sono comunque meravigliosi) di Alan Moore a quelli più pop-olari di John Byrne o Scott Mc Cloud con Zot!.
Antonio che è sempre stato sensibile a questo tema, e ci aveva già provato, sul versante fantascienza, con Gregory Hunter. Purtroppo sappiamo tutti come è andata. Non lo dico per sminuire ci mancherebbe. Lo dico per sottolineare la difficoltà dell’impresa.
Purtroppo, molto spesso nel tentativo di recuperare quell’innocenza si finisce per “nostalgizzare” i racconti. Di cucinare sapori che piacciono solo a chi li ha già gustati un tempo, e non a chi è in cerca di sapori nuovi.
Però, davvero bisogna continuare a provarci. Perché il problema del fumetto oggi non è solo che i nuovi eroi hanno perso l’innocenza, ma che vanno incontro a un invecchiamento precoce. Almeno questa è la mia impressione di lettore.
Marco
Fai osservazioni giuste, Marco. A Vaz vorrei dire che Gregory Hunter aveva comunque i suoi estimatori, e Greystorm, rispetto a Gregory, ha un notevole vantaggio dal punto di vista editoriale: è una mini-serie, quindi ha costi minori.
E non solo: riguardo alle vendite, quelli che all'epoca erano numeri fallimentari per una serie regolare ora costituiscono un tetto di vendite più che accettabile per le mini-serie.
Certo, in ambito creativo niente è scontato in partenza. Ma, a meno che il pubblico non manifesti un viscerale rigetto (che comunque dovrebbe avere dimensioni clamorose), Greystorm ha tutte le chances per affrontare serenamente l'edicola e conquistare la sua fetta di lettori.
Sono fiducioso nel fatto che la qualità di Greystorm sarà al livello delle altre miniserie Bonelli che fino ad aggi si sono rivelate degli ottimi progetti.
A me è piaciuto molto Volto Nascosto, anche perché mi ha consentito di conoscere meglio un periodo poco noto e discusso della nostra storia.
A questo proposito, avrei una domanda: come mai gli sceneggiatori italiani di fumetti si sono cimentati abbastanza raramente nel racconto diretto (scrivo "diretto" perché ovviamente il riferimento alle italiche vicende traspare comunque nella nostra letteratura a fumetti) dell'Italia del passato o del presente?
E' per ragioni editoriali o narrative?
Per ragioni editoriali, Luigi.
La secca brevità della risposta mi fa pensare che (1)la mia domanda era retorica e non proprio nuova e (2) le ragioni editoriali sono molto forti :)
Aspetto con ansia la mini di Serra... anche se mi piacerebbe vederlo più attivo in Nathan Never. So che il suo zampino segreto è sempre presente nelle vicende di NN, ma vorrei che le sue sceneggiature tornassero. Così come spero che le tue, caro Michele, si intensificheranno una volta finito il lavoro per Caravan.
Per quanto riguarda l'innocenza perduta, io sono un estimatore delle atmosfere oscure, ma il fumetto non deve essere solo questo. Tant'è vero che seguivo con piacere anche Gregory Hunter.
Il "fetecchia" di Vaz non è che lo condivida poi tanto - ma forse l'amico lettore non ha letto l'intera serie di Gregory Hunter ma solo il maxi che l'ha chiusa e che è stato effettivamente un pò deludente o meglio meno serioso ed un pò goliardico rispetto ai precedenti ed ancor meno è informato sul paragone delle vendite dell'epoca con quelle di una testata "tipo" di oggi.
Sarebbe meglio fare una rilettura di tutti i numeri e valutare nell'insieme se si è trattato di una "fetecchie" oppure no.
Un saluto
Cecco
Ehi, Cecco, calma... neanch'io condivido il parere di Vaz, ma insomma, ognuno ha il diritto di formarsi un'opinione come crede, anche dopo avere letto dieci pagine di un solo albo.
Quella di Vaz era appunto un'opinione, non una recensione. Poi, magari, entrando nel dettaglio si può anche argomentare. Ma se restiamo nell'ambito delle opinioni anche un giudizio tranchant è legittimo.
Touchè Michele.
Tuttavia... considerazione per considerazione... se si vuole dare un giudizio su una cosa per come la vedo io la si legge fino alla fine e siccome parliamo di un fumetto e non di un romanzo (trenta minuti circa di lettura per una media di cento pagine) tanto vale leggersele tutte e poi esprimere un parere.
Saluti e mille scuse per chi si sia risentito, del resto non è nella mia indole fare polemica ma dialogare in maniera costruttiva.
Cecco
L'unica cosa che mi dispiace delle mini serie bonelli è la mancanza del colore. Secondo me il colore dona un emozione in più, per esempio le strane nuvole sul cielo di nest point (caravan)sarebbero molto più inquietanti.
Ho sempre apprezzato molto, e continuo a farlo, quel "sense of wonder" che pervade Martin Mystere la creazione del geniale e vulcanico Alfredo Castelli.Per questo sono interessato all'uscita della nuova mini di Antonio Serra.
P.S. Michele, gradirei molto un tuo Post sulla figura di Luigi Bernardi, storico direttore della prestigiosa rivista Orient Express.
Saluti.
Attilio.
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