martedì 8 settembre 2009

DO YOU LIKE AMERICAN MUSIC?


"Vi piace la musica americana?" cantavano i Violent Femmes, cult band degli anni ottanta oggi in odor di separazione.

Se avete letto La storia di Carrie (e se non l’avete ancora letto non preoccupatevi, non è un grande spoiler), sapete che Stephanie ha incontrato i Femmes di persona.

La gaffe di Stephanie con Gordon Gano (compositore e cantante della band) è ovviamente frutto di fantasia, ma è verosimile: le canzoni di Gano hanno spesso generato equivoci, visto che alternavano storie brutali come la citata The Country Death Song (un uomo uccide la figlioletta), Key of 2 (abusi sessuali in carcere) a vere e proprie esplosioni di misticismo come Faith o Rejoice and be happy. Il contrasto tra le diverse “anime” di Gano era così stridente che tempo fa, nelle FAQ del sito della band, si specificava che le canzoni a tema religioso non erano affatto parodie.

Tuttavia in Caravan non si citano esplicitamente canzoni dei Femmes. Si parla d’altro. Si parla essenzialmente di folk. Dopotutto, non considerando la musica dei nativi, è il folk la vera american music.

E in tema di folk non poteva non essere citato Woody Guthrie, prima di tutto: Guthrie è presente nell’ideale “soundtrack” dell’albo con due canzoni famose scritte durante la Depressione. La prima è Do re mi, una canzone ironica, dall’andamento brioso. Carrie la canta a pagina 66.

“La California è il giardino dell’eden/ un paradiso da vedere o per viverci/ ma puoi credermi o no/ non la troverai così fantastica/ se ti manca il do re mi”.

Il ritornello si regge sul gioco di parole – intraducibile per noi– tra “do” e dough (la paga, quindi in generale il denaro) e il senso è che la California “non la troverai così fantastica, se non hai un soldo in tasca”.

Pastures of Plenty invece è maestosa e cupa, e la piccola June la ascolta con legittimo sconcerto a pagina 61. La canzone rievoca l’odissea dei braccianti che negli anni trenta lasciarono le pianure di una vasta porzione di Texas, Arkansas e Oklahoma, così devastata dalle tempeste di sabbia da essere chiamata Dust Bowl, “ciotola della polvere”.

“È un immenso e duro solco/ che le mie povere mani hanno tracciato/ i miei poveri piedi hanno viaggiato sulla calda strada polverosa/ caracollando verso ovest, lontano dalla Dust Bowl/ e i vostri deserti erano torridi, e le montagne gelate”.

Ma non c’è solo Guthrie, intendiamoci.

A pagina 63 Art Singer afferma di essere stato scettico su If I had a hammer, scritta nel 1949 da Lee Hays e Pete Seeger come inno nella lotta per i diritti civili: “Se avessi un martello/ martellerei di giorno/martellerei di sera/ su tutta questa terra/ per segnalare un pericolo/ per dare un monito/ martellerei l’amore tra i miei fratelli e le sorelle su questa terra”.

A Pete Seeger Art disse: “Sembra una canzoncina pop”. Sembra? Art è stato buon profeta, come potete vedere qua sotto.

If had a hammer non ebbe grande successo all’epoca della sua uscita, ma dieci anni dopo divenne un hit internazionale grazie all’interpretazione del trio Peter, Paul & Mary (che “sdoganò” anche Bob Dylan presso il grande pubblico), e fu incisa da molti altri artisti.

A pagina 68 Carrie canticchia Frankie & Albert, più conosciuta come Frankie & Johnny. Bene, questa canzone ha una storia che è quasi un romanzo. È una ballata folk tipica del repertorio dei cantastorie, e racconta di una donna (Frankie) che uccide il suo uomo (Johnny) perché la tradiva. Le prime versioni databili risalgono all’inizio del novecento, ma c’è chi sostiene che la canzone sia ancora più vecchia, che risalga addirittura all’ottocento, e che sia ispirata a un fatto di cronaca.

Com’è intuibile, la paternità della ballata è assai discussa, e ne esistono infinite versioni che cambiano non solo i versi, ma anche il nome del fedifrago in Albert, come nella versione appena accennata da Carrie: "Frankie was a good girl/everybody knows/she paid a hundred dollars/for Al's one suit of clothes".

Il ritornello invece è comune a quasi tutte le versioni: “He was her man/ but he done her wrong” (“Era il suo uomo, ma le fece un torto”).

Per quanto sia sconosciuta al pubblico italiano, per il pubblico americano Frankie & Johnny non è meno famosa di If I had a hammer, e non solo è stata incisa da molti cantanti, ma riadattata come brano jazz da Duke Ellington, Count Basie e altri.

Di recente l’abbiamo ascoltata in un film: Frankie & Johnny è la canzone “improvvisata” da Lindsay Lohan in Radio America di Altman (in realtà l’esilarante versione parodistica è scritta da Garrison Keilor).

E infine, su Wikipedia si legge che la canzone è stata perfino adattata a fumetti da Daniel Clowes. Non sono riuscito a trovare ulteriori informazioni. Chi sa qualcosa parli.

Per finire, andiamo a vedere come tutto è cominciato per Carrie. E cioè con Peace in the valley, che Carrie canta a pagina 56.

Questo gospel scritto da Thomas Dorsey ha avuto infinite versioni. Le più famose sono quelle di Elvis Presley, Johnny Cash e Sam Cooke (su You Tube ci sono tutte, perfino una versione live mugugnata dal grande Dylan). Tutte voci maschili, comunque. Ho trovato solo una interpretazione femminile, quella di Audrey Lapraik, giovanissima cantautrice texana, che propone una versione decisamente più “intima”. Chissà, magari Carrie la cantava proprio così.

18 commenti:

Anonimo ha detto...

Lo vado a comprare proprio adesso... anzi i no, i negozi sono chiusi... fra due ore

alessandro vicenzi ha detto...

Bello, questo post di "contenuti speciali".
Il quarto numero è davvero molto riuscito, non deve essere semplicissimo raccontare per metà albo una storia con un doppio "incassamento" (lei racconta a lui di quando sua zia le ha raccontato che...) e far scorrere il tutto con naturalezza.
Gran lavoro e una storia – quella appunto di Carrie – che, nonostante non sia certo nuovissima, riesce ugualmente a colpire per come sono tratteggiati i personaggi.

Vernè ha detto...

"Miseriaccia!"...
Il mio edicolante non ha ricevuto nè la Grande ristampa di Nathan nè il n.4 di Caravan. Siccome li ha sempre avuti puntualmente alla data di emissione , debbo cominciare a preoccuparmi e cambiare edicolante, oppure il dopo ferie non è ancora smaltito?. Se domani non li ha , giuro che cambio edicola!

Michele Medda ha detto...

Grazie per l'apprezzamento, Alessandro. Questo quarto numero in realtà è filato abbastanza liscio, sia nella scrittura che nel disegno. Maresta ha un grande senso del racconto, e credo che in fase di revisione siano state ritoccate solo un paio di vignette.

Ho invece tagliato diverse didascalie, che appesantivano il racconto (la storia era già "parlatissima", e le didascalie massicce erano un ingombro estetico prima che narrativo).

In un certo senso è stato più difficile scrivere questo post, perché a scavare dietro certe cose (le canzoni, in questo caso) si scopre una mole di materiale immensa che mi piacerebbe divulgare e discutere.

Ma tempo e spazio sono quelli che sono. In un'altra dimensione, magari, chissà...

Vernè, al tuo posto attenderei ancora qualche giorno. Purtroppo con le mini-serie non si riesce a tarare la distribuzione. Due giorni fa ho visto in una grossa libreria-edicola del centro una pila di una ventina di copie del numero 3 (chiaramente destinate a tornare indietro come rese, vista l'incombenza dell'uscita del 4).

Questo significa, come già detto, che per rifornire un punto vendita di copie in gran parte superflue si lasciano sguarnite diverse edicole in periferia. Mi dispiace, non c'è niente da fare.

Anonimo ha detto...

Un esempio di "american music" che altrettanto bene rende l'idea è il genere country che ha un fascino indiscutibilmente tutto suo.
Quando lo ascolti sembra davvero portarti indietro nel tempo.
Saluti
Cecco

AndreaP ha detto...

Per quanto riguarda Clowes, la Bibliography riporta l'uscita su rivista in Young Lust 7 della Last Gasp, con ristampe in volume su Lout Rampage! e Twentieth Century Eightball. Ignoro la situazione italiana.

Michele Medda ha detto...

Vero, Cecco. Ma in generale musica folk e musica country rappresentano due anime diverse dell'America.

Semplificando un po' possiamo dire che il folk sta "a sinistra", sia per l'origine popolare sia per la rielaborazione culturale compiuta negli anni sessanta, mentre il country è tendenzialmente "a destra" in quanto espressione dell'America rurale più conservatrice (quella amabilmente sbeffeggiata dai Blues Brothers in una delle scene più divertenti del film omonimo).

Per avere un'idea del contrasto basta ascoltarsi Masters of War di Dylan (folk moderno) e Okie from Muskogee di Merle Haggard (country), che inizia così: "Non fumiamo marijuana a Muskogee, e non viaggiamo con l'LSD, non bruciamo i certificati di leva..."

Ovviamente le carte si mescolano quando qualcuno - per esempio Neil Young negli anni settanta - usa la musica country per esprimere un disagio contemporaneo e "metropolitano". E gli stessi Femmes utilizzano anche il country in un frullato di generi che sfida ogni tentativo di classificazione (come la macabra Death Country Song citata su Caravan, capovolgimento a 180° gradi delle tematiche care alla musica country).

Ma, senza arrivare a tanto, la musica country di musicisti come Johnny Cash non conosce distinzioni di carattere politico. E se ti guardi su You Tube il video di Johnny Cash che canta Peace in the Valley nel gennaio 1970, vedrai che Cash introduce la canzone con un accorato appello per la fine della guerra in Vietnam (promessa da Nixon al suo insediamento). Per la cronaca: quattro mesi più tardi Nixon ordinava l'invasione della Cambogia, ingigantendo il conflitto. Ne riparleremo anche su Caravan.

Anonimo ha detto...

Letto il quarto, sembra che le immagini si muovano.
Effettivamente se ripenso a questo numero mi immagino un film, più che delle vignette.
Il mio preferito finora è il terzo.

Michele Medda ha detto...

Grazie, AndreaP. Ho cercato un po', e pare che di Clowes in italiano siano usciti cinque o sei volumi, tra cui ovviamente Ghost World. Non mi sembra che in questi sia compresa la storia "Frankie & Johnny".

ciro ha detto...

bel post di approfondimento.

Caravn è un'ottima serie, anche se per ora mi piacciono piu' i numeri dispari che i numeri pari. IN paprticolare di questo numero, arrivato sul finale del lungo racconto di Jolene stavo per cassare mentalmente la lettura (gia' visto, gia' sentito) quando mirabilmente mi son trovato un finale spiazzante che dice tanto senza essere didascalico, che approfondisce e spiega il finale del numero precedente e il rapporto tra i genitori di Davide in maniera elegante ed efficace.

ps. gia' che ci siamo, in tema folk (nella sua deriva moderna del neo folk) mi permetto di consigliare Woven Hand

Laura ha detto...

Ho molto apprezzato che Carrie si è salvata da sola, senza che la salvi un principe azzurro. Mi è piaciuto anche perché è cosa rara nella fiction, e forse rischiosa, perché potrebbe accollare a chi non ce l'ha ancora fatta anche la "colpa" di non farcela. Nella realtà è meno raro, come anche accade che la madre si riscuota proprio per azione della figlia. Mi è anche abbastanza piaciuto che Carrie non sia "perfetta" (anche se è un po' troppo autolesionista). Bello anche che Davide si rende conto che la madre è una persona, e non è "nata" sua madre. Meno riuscito, forse, che Stephanie abbia rinunciato a scrivere a causa della gravidanza e dell'impegno familiare. Mi ha ricordato una bella poesia dell'antologia di Spoon River, però così come è raccontato potrebbe essere più credibile: si trattava di scrivere racconti, non di fare il pilota di formula 1. Ma spero molto in prossimi sviluppi, magari con la menzione del fatto che J.K. Rowling si presentava con le iniziali per non fare capire che era una donna. Altrimenti potrebbe sembrare un trade-off tra realizzarsi con il lavoro o nella famiglia(molto anni '90, d'altra parte, che si legge anche nella vicenda di Massimo). E ha rafforzato la mia sensazione anche la posizione di Stephanie nel litigio con (l'irresponsabile) Massimo. Non so, non è giusto: collettivamente (e soprattutto in Italia) dobbiamo molto a persone che hanno davvero sacrificato le benessere e sicurezza delle loro famiglie (oltre alla loro) a qualcosa che restasse: quelli che rifiutano di pagare il pizzo, giornalisti, giudici, poliziotti, le testimoni dei processi di mafia, etc. E, volendo tornare indietro nel tempo, anche tutti coloro che hanno lottato nelle fabbriche per ottenere condizioni più dignitose di lavoro, negli anni 60 e 70. Però devo dire che in generale le dinamiche interne della famiglia di Davide mi sembra in generale che non girino del tutto ancora. Detto tutto ciò, devo dire che questo numero mi è molto piaciuto e mi ha decisa definitivamente a continuare a leggere la serie.

Michele Medda ha detto...

Grazie del fluviale commento, Laura, anche se non sono sicuro di avere capito proprio tutti i risvolti che non hai gradito.

L'alternativa tra lavoro e famiglia può sembrare troppo drastica - nella realtà ci sono infinite gradazioni di questo conflitto - ma nove volte su dieci qualsiasi lavoro di tipo artistico presenta un conto salato alla vita familiare. Stephanie ha scelto la famiglia e ha pagato con la rinuncia ai suoi sogni; Carrie "ce l'ha fatta" artisticamente, ma anche lei ha pagato il suo prezzo.

Ripeto: nella realtà magari non si fa una scelta netta e si cerca un equilibrio tra le due cose, ma anche questo equilibrio richiede lacrime e sangue.

Come diceva quel detto: "Non puoi vincere, non puoi perdere... e non puoi nemmeno ritirarti".

Luigi Spagnolo ha detto...

Ho trovato il quarto numero molto bello, ed emozionante. Tutte le tematiche, trame e sottotrame si intrecciano perfettamente.

A dire il vero, a differenza di altri lettori, preferisco i numeri pari. Trovo che il lato migliore di Caravan sia proprio il suo essere (per parafrasare i "critici") "un fumetto in cui non succede niente", il suo lasciare spazio alla psicologia dei personaggi e delle loro storie.

L'unico difetto? Che tocca aspettare il 9 ottobre per leggerne ancora :)

P.S. anch'io ho ammirato mio padre fare i plastici con i licheni e i ramoscelli.

Luigi Spagnolo ha detto...

A me il dissidio tra Massimo e Stephanie sembra verosimle. Non è poi una cosa tanto rara, anzi, che si rinunci a sogni ed ambizioni, in nome della "responsabilità" che si sentono nei confronti della famiglia.
Tra l'altro immagino che spesso subentri anche il fatto di reputare il proprio talento artistico sufficiente per poter realisticamente pensare di costruirsi una "carriera". Tanto più se, con il matrimonio e figli, ci si sente ormai troppo "adulti" per poter ancora vivere di sogni.

E poi dipende dal carattere. Stephanie, per come è stata trattegiata, sente molto la responsabilità familiare. E proprio per questo "condanna" Massimo per aver perseguito il suo sogno personale. E insieme alla condanna c'è il rimpianto per essersi sacrificata.

Almeno così lo interpreto io.

Bramo ha detto...

Ciao Michele, volevo complimentarmi con te, oltre che per i numeri precedenti, anche per questo # 4, sicuramente molto intimista e toccante nel tratteggiare figure femminili così reali! Mi sono solo rimasti due dubbi nella storia del passato di Carrie: se ha visto e subito sulla sua pelle cosa può diventare per i figli un genitore che si ubriaca, come mai è caduta anche lei in questa "voragine"?
E poi, nel sogno che Carrie fa da sola in macchina, oltre al padre vede un tale Jimmy, di cui si capisce solo che si droga, che è un musicista e che era un compagno di Carrie. Ma di lui non troviamo traccia nel resto dell'albo. E' per caso stato nominato nel secondo numero e me lo sono dimenticato? E' il padre di Jolene?

Ovviamente, se a queste due domande (penso soprattutto alla seconda) risponderai nei prossimi numeri, non mi devi nessuna risposta ora! ;)

Ancora complimenti!

Michele Medda ha detto...

Grazie dei complimenti, Bramo. Carrie beve e si impasticca perché è depressa (probabilmente per i suoi continui fallimenti sentimentali), ma non è violenta come suo padre. Anzi, è una madre affettuosa.
Jimmy è un musicista rock, compare qui per la prima volta, e nel numero 9 sarà raccontata la sua storia con Carrie (ma non è il padre di Jolene).

Bramo ha detto...

Ok, grazie mille per le risposte complete e precise! Soprattutto la prima mi fa capire quanto sei attento alla psicologia dei tuoi personaggi.
E per la seconda... grazie per avermi confermato che non mi ero dimenticato di Jimmy dato che ha esordito qui, e grazie per la piccola "anticipazione" sulla sua futura comparsa!

deadhead ha detto...

hummm.. da quanto ne so (tanto sui GD) i Grateful Dead non han mai suonato ad un benefit con i Violent Femmes e Mellecamp...
I violent Femmes hanno fatto da opener con un set si dice da urlo al Buckeye Lake Music Center, 1991 - http://www.archive.org/details/gd91-06-09.sbd.unknown.12756.sbeok.shnf -
bello trovare comunque trovare il nome dei Dead anche in Caravan (si suonerà alla fine Truckin' --what a long strange trip has been?)